Bossi A muso duro col Colle per i Ministeri. Ma conviene morire per tre scrivanie a Monza?

Giulio Bucchi

Vale la pena morire per tre scrivanie a Monza? Fra Umberto Bossi e Giorgio Napolitano sono volate parole grosse, istituzionalmente parlando, sull’apertura dei «ministeri» al Nord, ma a chi giova questo scontro? Il leader della Lega sta mettendo in discussione il rapporto «solido e cordiale» con il capo dello Stato per difendere una vittoria di Pirro:  è inutile girarci intorno, alla cosiddetta base padana non interessa più di tanto fare la fila a Villa Reale per parlare con Bossi, Calderoli o Tremonti. I militanti dal fazzoletto verde avrebbero preferito meno burocrazia o meno tasse più che altri dipendenti pubblici in Brianza, una delle Regioni più ricche della Padania. E invece il Senatur si è intestardito: ha imposto a Silvio Berlusconi la capitale reticolare «perché in tutta Europa fanno così e  non farlo sarebbe come dire che in Inghilterra sono scemi. E poi la Costituzione non parla di dove devono stare i ministeri...li abbiamo fatti e li lasciamo là, siamo convinti che il decentramento sia non solo una   possibilità ma un’opportunità per il Paese». Avanti tutta, dunque, contro chiunque metta in discussione i ministeri al Nord. A costo di sfibrare ancora di più la maggioranza e il suo stesso Carroccio. La Lega non è in un gran momento di forma: gli ultimi sondaggi la danno sotto il 10%, come non accadeva da un paio d’anni, e lo scontro interno fra “cerchio magico” e maroniani non porta certo voti. La manovra punitiva e gli scarsi premi per i sindaci virtuosi inoltre non promettono bene. In più il Senatur ha bloccato le dimissioni dell’assessore regionale lumbard Monica Rizzi, accusata di fabbricare dossier contro alcuni militanti per favorire l’elezione di Renzo Bossi e ha difeso per l’ennesima volta «l’amico» Giulio Tremonti   per aver versato in contanti l’affitto della casa dell’inquisito Marco Milanese: un atteggiamento garantista che sbatte contro l’anima manettara della solita base, emersa in modo evidente nella vicenda Papa. Insomma, i guai sono già tanti: e allora perché incaponirsi per tre uffici a Monza dei quali nessuno sentiva l’esigenza? Così ci rimettono solo il governo e gli elettori che l’hanno votato... Bossi sta forse esagerando. Però anche il presidente della Repubblica sembra deciso a non farla passare liscia al ministro delle Riforme. Ieri mattina, per replicare alle parole dell’Umberto, ha diffuso l’integrale della lettera mandata al capo del governo: «La pur condivisibile intenzione di avvicinare l’amministrazione pubblica ai cittadini non può spingersi al punto di immaginare una “capitale diffusa” o “reticolare” disseminata sul territorio nazionale, in completa obliterazione della menzionata natura di Capitale della città di Roma, sede del governo della Repubblica». Dunque l’apertura di sedi ministeriali fuori da Roma «confliggerebbe con l’articolo 114 della Costituzione che dichiara Roma Capitale». L’uomo del Colle ha poi lamentato che «l’apertura di sedi di mera rappresentanza costituisce scelta organizzativa da valutarsi in una logica costi-benefici che, in ogni caso, dovrebbe improntarsi, nell’attuale situazione economico-finanziaria, al più rigido contenimento delle spese e alla massima efficienza funzionale». In pratica Napolitano ha dato degli spreconi ai leghisti... Perché il capo dello Stato scende dal suo trono e si abbassa a litigare con Bossi? Sono inutili i ministeri al Nord? Sì, ma non facciamone un dramma. Anche perché sorge spontanea una domanda: si doveva aspettare l’inaugurazione degli uffici brianzoli per picconare il governo? L’atto di delocalizzazione dei ministeri risale al 7 giugno. Sono passati quasi due mesi: non si poteva bloccarli prima? Questo duello con la Lega è proprio quello che serve all’Italia in questo momento? Le Borse sono sotto attacco e i titoli di Stato pure: sarebbe quindi meglio criticare la casta che non ha voluto tagliarsi le super spese. Sì, un ufficio in più è un costo. Ma anche questo scontro ha un costo: dividere il governo in sudisti e nordisti e, di conseguenza, alimentare un clima che è tutto, tranne che costruttivo. Non è lui, il capo dello Stato, che teme sempre  per la stabilità delle istituzioni? E poi non era il governo di Romano Prodi che voleva i ministeri al Nord? Quel governo di cui Napolitano Giorgio era ministro dell’Interno. Perché all’epoca non si era opposto? di Giuliano Zulin