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Speranza per il San Raffaele: sdoppiare società di Don Verzè

Contro il fallimento si devono dismettere tutte le attività non sanitarie. Creare due società per eliminare le realtà insostenibili

Costanza Signorelli
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Una New company (Newco) per l'attività sanitaria e una Bad company per gli affari alternativi in perdita. Sarebbe questa la probabile soluzione per salvare il San Raffaele. Una nuova veste giuridica come ancora di salvezza per l'ospedale fandato da Don Luigi Verzè che, attualmente, è schiacciato dal peso di oltre un miliardo di debiti. L'argomento, come annuncia il Corriere della Sera, è all'ordine del giorno del consiglio di amministrazione della Fondazione Monte Tabor di venerdì 29 luglio. Bad Company - Se la scelta può sembrare di primo acchito un aspetto puramente tecnico, in verità, se concretizzata, avrà conseguenze determinanti perchè sgretolerebbe la struttura decisionale attraverso cui don Verzè esercita il suo indicusso strapotere. In buona sostanza l'idea alla base di questo scorporo societraio, sta nel venedere tutto ciò che non è sanità, ricerca e università. Insomma, tutte le realtà quali l'Hotel Don Diego, albergo a 4 stelle di fronte all'isola di Tavolara in Sardegna, la realizzazione del progetto Quo Vadis, struttura sanitaria sulle colline del veronese, l'Hosspital Sao Rafael di Salvator de Bahia e opere simili, verranno concentrate nella Bad Company al fine di essere dismesse. Già a fine marzo, con l'ufficializzazione della crisi finanziaria, la Fondazione Monte Tabor aveva già annunciato la la vendita di tutte le attività non sanitarie. Scelte dolorose - Eppure oggi come allora rimangano vivi i dubbi su quelle società che si classificano come attività core, quindi che sanitarie sono, ma che potrebbero rivelarsi insostenbili per via degli altissimi costi. E allora che fine farà l'ospedale di Olbia in Sardegna, costruito ma non ancora in funzione?  E che ne sarà dei poliambulatori Respighi e Resnati? E de Le Ville di Turro, sede a Milano del polo di neuropsichiatria? A queste e a molte altre domande, dovrà trovare risposta al più presto Enrico Bondi, il risanatore di Parmalat, chiamato dalla Santa Sede come superconsulente. Tra i tanti dubbi c'è una certezza: adesso servono soldi e le dismissioni diventano una scelta doverosa più che necessaria. Dopotutto, persino i muri sono stati dati in pegno per ottenere il mutuo con la Banca europea per ottenere il mutuo con la Banca europea per gli investimenti (Bei) da 165 milioni. Il San Raffaele ha dato in garanzia ipotecaria immobili per un valore di 244 milioni.

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