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"Niente cure se in fin di vita" Treviso, è ancora polemica

Biotestamento, una 48enne malata di sclerosi ottiene l'ok dal giudice: il marito deciderà della sua vita. Altro caso Englaro?

Giulio Bucchi
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Una testimone di Geova come Eluana Englaro. L'ultimo caso di conflitto tra scienza ed etica arriva da San Polo di Piave, ne Trevigiano, dove una 48enne malata di sclerosi multipla ha ottenuto dal giudice Clarice di Tullio la possibilità (per decreto) di rifiutare emotrasfusioni (contrarie alla sua religione) e altre cure mediche, a cominciare dai farmaci salvavita, nel caso in cui "i medici ritengano che la situazione sanitaria sia senza speranza". La donna, ammalata da 20 anni, ha così ottenuto che il marito diventasse il suo "testamento biologico". Volontà scritta nel 2007 e ribadita, questa volta davanti ad un giudice, dopo la tracheotomia cui si è dovuta sottoporre nel maggio scorso. Al giudice civile la donna ha chiesto per il marito il ruolo di "amministratore di sostegno", figura giuridica che ha tra i propri poteri quello di compiere atti al posto di un'altra persona. L'assenso del giudice trevigiano, con parere favorevole della Procura, è stato giudicato "motivato, articolato, condivisibile e giuridicamente ineccepibile". Qualora la donna, in grado di intendere e di volere, dovesse perdere conoscenza, sarà il marito a decidere sul suo destino e la sua volontà non dovrebbe essere modificabile. La legge sul testamento biologico, votata alla Camera, è attualmente ferma in Senato. Le reazioni alla decisione del giudice trevigiano sono discordanti. Da un lato si parla già di suicidio assistito, dall'altro si applaude alla fedeltà alla Costituzione, che vieta l'obbligo alle cure.

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