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Impazziti Camusso, la soluzione alla crisi? "Tutti in piazza per lo sciopero generale"

Tavolo con parti sociali. Governo annuncia un decreto con le misure tra il 16 e il 18 agosto. Soltanto la Cgil fa le barricate

Andrea Tempestini
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C'è chi fa richiami alla responsabilità, alla crisi internazionale e non solo italiana e alla necessità di fare fronte comune. E chi invece spara ad alzo zero. Premette mille no e annuncia che mercati o non mercati è pronto alla mobilitazione contro il governo. Breve sunto dell'incontro (circa un'ora e mezza) tra governo e parti sociali a Palazzo Chigi. Da una parte ci sono i rappresentanti dell'esecutivo, gli industriali e quasi tutti i sindacati. Dall'altra la Cgil che si smarca a prescindere.  Durante l'incontro dice: «No ad interventi che guardino alle pensioni, ai redditi da lavoro dipendente, alla sanità e all'assistenza». Poi spiega: «Il vertice non è all'altezza dei problemi che abbiamo e della trasparenza che sarebbe necessaria. Ci aspettavamo che il governo ci dicesse cosa intende fare». E infine minaccia: «Se la manovra colpirà i soliti noti ci mobiliteremo per cambiarla, senza escludere uno sciopero generale».  Non che Confindustria e i colleghi di Cisl, Uil e Ugl siano entusiasti dell'incontro, un po' tutti si aspettavano l'indicazione di misure concrete che invece non sono arrivate. Ma, soprattutto in questo momento, i toni contano e quelli di corso d'Italia sono ancora una volta sopra le righe. La Marcegaglia, per esempio, ha apprezzato la tempestività della convocazione del Cdm tra il  16 e il 18 agosto per varare un decreto legge con le misure anticrisi.  Mentre ha detto un no grande come una casa alla misura tanto cara alla Camusso:  «No alla patrimoniale ma tagli alla spesa pubblica e interventi sulla tracciabilità dei contanti per rafforzare la lotta contro l'evasione fiscale». E gli stessi Bonanni (Cisl), Angeletti (Uil) e Centrella (Ugl), con i dovuti distinguo (a differenza degli industriali, per esempio, vedono come il fumo negli occhi qualsiasi innalzamento dell'età pensionabile) evidenziano che il Paese è in pericolo e che non è questo il momento delle divisioni e delle polemiche a oltranza. «Non riteniamo opportuno - sottolinea Bonanni - aggravare ulteriormente questo momento di crisi, non credo che uno sciopero generale serva a placare i mercati». Anzi. «Crediamo sia giusto discutere con il governo e casomai protestare, come abbiamo già fatto in passato». Del resto il governo ha motivato il suo silenzio con la ridda di voci sui contenuti della manovra che i mercati non hanno di certo gradito. E quindi: «In questi cinque giorni - ha spiegato Gianni Letta facendo riferimento al primo tavolo di giovedì scorso con le parti sociali - tutto è cambiato, tutto è precipitato. La realtà è in rapida evoluzione... Il governo sta valutando tutte le possibilità e tutte le ipotesi». E sulla famosa lettera con quale la Banca centrale europea dava indicazioni al governo, ha precisato: «Quella lettera è strettamente confidenziale e chi la riceve non può diffonderla». Insomma, basta sterili polemiche, perché l'attenzione è concentrata sul futuro con due punti fermi. Il primo è quello annunciato dal ministro Tremonti: «La manovra va ristrutturata.  E il rapporto deficit-Pil che è al al 3,8% quest'anno, dovrebbe scendere tra l'1,5% e l'1,7% il prossimo, per arrivare al pareggio nel 2013». Il secondo sono i tavoli tematici che saranno organizzati a breve con le parti sociali.  Si parlerà di infrastrutture e sviluppo con la supervisione dei ministri Matteoli e Romani. Quindi di liberalizzazioni e privatizzazioni. Infine di riforma del lavoro.  E qui ci sarà da divertirsi: tra i punti del  contendere  anche il famoso articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, quello che regola i licenziamenti.  Sacconi e Brunetta, che presiederanno l'incontro, dovranno fare i conti con i paletti già annunciati in modo compatto da tutte le parti sociali (c'è anche la Confindustria). I ministri vorrebbero modifiche legislative, le associazioni di lavoratori e industriali rivendicano la loro autonomia. «Ritengo, come i miei colleghi, che non si debba intervenire per legge in materia di lavoro ma lasciando la libertà alle parti di trovare un accordo», chiosava deciso  il leader dell'Ugl Centrella. di Tobia De Stefano

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