Cerca
Logo
Cerca
+

Mannaia si abbatte sui redditi che superano i 90mila euro

Nel decreto dovrebbe esserci il "contributo di solidarietà". Chiamatela come volete, ma resta la patrimoniale: dal 5 al 10 per cento

Andrea Tempestini
  • a
  • a
  • a

Sul peso delle nuove misure non è trapelata nemmeno ieri nessuna cifra ufficiale, ma se il deficit dovrà scendere il prossimo anno dal 3,8% del 2011 fino all'1,5-1,7%, dal 2,7% attualmente previsto, e dovrà azzerarsi al 2013 quando invece era previsto un deficit al 2,2%, la manovra potrebbe valere solo per questa correzione fino a  30-35 miliardi di euro. Il decreto legge per la correzione dei conti pubblici sarà approvato forse già oggi in un consiglio dei ministri staordinario e rigorsamente a mercati chiusi. La convocazione potrebbe essere fissata per le 19 oppure spostata a domani mattina. Il cdm,  in ogni caso, non si riunirà oltre il 16  agosto. Gli esperti del ministero dell'Economia lavorano senza sosta e stanno mettendo a punto un menù assai lungo. Obiettivo è anticipare il pareggio di bilancio al 2013 e far fronte alla nuova crisi. Si va dal rafforzamento di alcune norme che erano state inserite nella manovra di luglio all'accelerazione di pezzi di riforma, come quella fiscale e assistenziale. Ma si vagliano anche i drastici «suggerimenti» della Banca centrale europea che vanno dai licenziamenti più facili, con un intervento dunque sull'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Mentre sembra da escludere il taglio degli stipendi degli statali. La novità più clamorosa di ieri è senza dubbio il contributo di solidarietà che potrebbe interessare i redditi medio-alti. La stangata colpirebbe la quota di  redditi e  stipendi superiori a 90mila euro. Si parla di una tassa da applicare per due anni: ancora da decidere i dettagli così come il livello dell'aliquota che ballava, ieri sera, tra il 5% e il 10%. Nel primo caso vuol dire che su un reddito lordo di 100mila euro bisognerebbe versare nelle casse dello Stato 500 euro.   Altro fronte interessante per il gettito è il giro di vite sulle rendite finanzairie. Un inasprimento tributario di cui si discute da anni e non di rado contestato quando palazzo Chigi era in mano a governi di centro-sinistra. La nuova tempesta sui mercati, l'euro trabballante e l'economia che ristagna costringono  il centro-destra a prendere in considerazione la mannaia delle tasse.  Quindi l'allineamento al 20%, esclusi Bot e titoli di Stato che resterebbero tassati al 12,5%, per le rendite derivanti dai  risparmi degli italiani: azioni, obbligazioni, fondi comuni d'investimento. Misura  già prevista nella delega, ma che potrebbe rientrare nel decreto e dunque essere immediata. Secondo alcune ipotesi, salirebbe dal 12,5% la tassazione dei guadagni su azioni e scenderebbe dal 27% quella sui epositi bancari. C'è da dire che nel resto d'Europa la tassazione delle rendite finanziarie è mediamente più alta che in Italia, intorno al 20%. In alcuni paesi sono poi previste delle franchigie, con una tassazione più bassa dunque per importi minori, per tutelare i piccoli risparmiatori.  Il pacchetto fiscale dovrebbe essere accompagnato da un irrobustimento della lotta all'evasione. Si lavora, infatti, a nuove misure di contrasto:  obiettivo è rafforzare la tracciabilità dei pagamenti e inasprire le sanzioni per chi non rilascia fatture e scontrini. Sotto tiro commercianti e ristoranti.  Capitolo pensioni. Messe in panchina le misure sugli assegni di vecchiaia (da portare a 67 anni), sembra più possibile un intervento su quelle di anzianità, con una sorta di riproposizione del cosiddetto scalone Maroni, un innalzamento dell'età minima a 60 o 62 anni. Si tratterebbe in sostanza di un blocco generalizzato delle anzianità. Possibile anticipo già al 2012, con una gradualità accelerata rispetto a quella già prevista nella manovra di luglio, per l'innalzamento dell'età pensionabile delle donne a 65 anni. Probabile anche l'anticipazione al prossimo anno della riforma che aggancia età pensionabile alle aspettative di vita.   Poco corposo sul piano delle somme ricavabili la stretta sui costi della politica. Secondo quanto riferito ieri dal ministro Tremonti, il giro di vite dovrebbe riguardare contemporaneamente gli stipendi e il numero delle poltrone dei politici. Una raffica di tagli «lineari» alla spesa pubblica statale - non ancora affinata - potrebbe far risparmiare qualche altro miliardo di euro. Mentre dalla piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali dovrebbe arrivare una spinta all'economia e alla ripresa. Un intervento che verrebbe affiancato dalla riedizione delle  privatizzazioni su larga scala dei servizi locali. In ballo ci sono oltre 700 imprese oggi in mano a regioni, province e comuni: si tratta delle società che gestiscono trasporti, luce e gas con scarsa efficienza. Di qui l'idea di aprire l'azionariato ai privati.  Poi c'è un capitolo dedicato al mondo del lavoro. Si parte dalle festività: l'ipotesi sul tavolo è quella di accorpare sulle domeniche le festività non religiose. Insomma, meno ferie. Assai discutibile il presunto input della Banca centrale europea: che avrebbe consigliato al governo di Silvio Berlusconi consiglierebbe di adottare un diritto a licenziare, compensato da meccanismi di assicurazione e di più facile collocamento sul mercato del lavoro. È finita nel congelatore, come già accennato, la tassa patrimoniale. I risparmi degli italiani  verrano toccati solo sul versante dei rendimenti, ma non anche sullo stock investito. Al sicuro, per ora, anche le somme depositate sui conti correnti e depositi bancari. L'accantomento della cosiddetta «botta secca» sembra mettere al riparo anche le case e gli immobili. Tuttavia ancora  ieri a via Venti Settembre non erano state cestinate tutte le simulazioni su un eventuale inasprimento dell'Ici per le  seconde abitazioni e ville o l'anticipo dell'Imu (imposta municipale unica) prevista dalla riforma sul federalismo fiscale. Meglio tenere gli occhi aperti. di Francesco De Dominicis

Dai blog