Signorotto Penati, l'inchiesta: tangenti volano da Fiumicino

Andrea Tempestini

Senza l’assenso dei vertici comunisti, non si poteva lavorare non solo a Sesto San Giovanni, ma nemmeno nel resto d’Italia. E occorreva guadagnarsi la benevolenza rossa anche per sedersi al tavolo delle privatizzazioni delle aziende statali e parastatali. Su questa ipotesi, rivela il settimanale Panorama in edicola oggi, la Procura di Monza sta indagando concretamente. Come punto di partenza, si indicano le deposizioni di Diego Cotti, imprenditore di Sesto San Giovanni con un passato in politica. Sarebbe stato lui a riferire al pm Walter Mapelli che in merito alla trattativa per l’acquisto dell’area delle ex acciaierie Falck da parte dell’allora suocero (il costruttore sestese Giuseppe Pasini), fu Giordano Vimercati, il braccio destro di Penati, ad affermare: «Falck stabilisce il prezzo, ma vende a chi diciamo noi. Perché Falck vuole entrare in Aeroporti di Roma e ha bisogno di un placet nazionale. Noi gli diamo il placet se vende l’area a chi diciamo noi, perché fa parte di un accordo più vasto per cui qui gli altri non ci mettono piede». L’affare andò in porto l’11 luglio 2000 con la cessione da parte dell’Iri che, sotto la presidenza di Piero Gnudi, cedette il 51,1% della società Aeroporti di  Roma per 2.570 miliardi di lire al consorzio Leonardo, di cui il gruppo Falck aveva all’epoca una quota minoritaria del 31 per cento. Ne uscirono sconfitti gli altri gruppi, principalmente la cordata italiana formata da Benetton, Pirelli, Caltagirone e quella internazionale costituita dagli Aeroporti di Amsterdam e Francoforte. Passano undici anni e, il 19 luglio scorso, appena un giorno prima dell’apertura dell’indagine sulle aree ex Falck di Sesto San Giovanni da parte della Procura di Monza, ricompare lo stesso Gnudi, bolognese vicino a Romano Prodi e a Pier Ferdinando Casini. Viene nominato presidente di Sesto Immobiliare perché conosce bene la pratica: è lui ad aver seguito la vendita dei terreni da parte del gruppo Zunino (che le aveva acquistate dall’accusatore di Filippo Penati, Giuseppe Pasini) alla cordata capitanata per il 77,8% dalla Santandrea di Davide Bizzi. Il vicepresidente della società è Mario Resca, stimato da Silvio Berlusconi. A Bizzi, proprietario delle ex acciaierie, vanno i poteri di amministratore delegato della società che deve passare alla «fase operativa del più grande progetto europeo di riqualificazione urbana di ex aree industriali» e che «ridisegnerà significativamente l’intero territorio di Sesto San Giovanni». La squadra, evidenzia la società, «è stata costruita considerando la complessità del progetto urbanistico e la molteplicità degli stakeholder». Complessità e molteplicità caratterizzano anche la vicenda al centro dell’inchiesta. Sulla vicenda AdR, gli inquirenti monzesi vogliono vederci più chiaro per capire se il perimetro dello scandalo sestese si estenda anche a un “livello superiore”. Filippo Penati nega tutto e prosegue nella propria autodifesa mediatica ad oltranza. L’ex sindaco di Sesto, ex presidente della Provincia e principale indagato, “spara” le proprie dichiarazioni non appena le agenzie di stampa diffondono notizie sugli sviluppi dell’inchiesta che lo sta travolgendo. Stavolta è per bollare «l’ennesima ricostruzione unilaterale e falsa», così «paradossale da poter essere definita fantascientifica». Si dice «molto interessato all’esito delle indagini che non potranno che smentire nel modo più chiaro e totale l’esistenza di tale legame». Definisce fantasia il legame tra la vendita delle aree delle ex acciaierie sestesi da parte del gruppo Falck a Pasini e la privatizzazione degli aeroporti romani. Soprattutto, contesta che, per vincere la gara servisse «un assenso da Sesto San Giovanni». In realtà, dagli stralci dei verbali dell’interrogatorio di Cotti, emerge la necessità di «un placet nazionale», cioè dei Ds, il partito erede del Pci e del Pds e il cui segretario, nel 2000, era Walter Veltroni. Il quale, notoriamente, non è di Sesto San Giovanni. di Andrea Morigi