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Contromanovra un vicolo cieco Solito Pd: vuole solo più tasse

Bersani propone un pacchetto fumoso, pieno di balzelli e proposte impraticabili. Coma al solo litigano e partoriscono il grande nulla

Giulio Bucchi
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Pier Luigi Bersani ha perso l'ennesima occasione buona. Il segretario del Pd aveva a disposizione un rigore a porta vuota. La manovra scritta dal governo per anticipare il pareggio di bilancio al 2013 è così inguardabile che gli stessi parlamentari ex forzisti si rifiutano di approvarla. Silvio Berlusconi va in giro dicendo che se potesse non la voterebbe nemmeno lui. Gli elettori del centrodestra scappano: il sondaggio Swg diffuso lunedì dà il Pdl in discesa libera, tra il 22 e il 25% dei consensi (alle elezioni del 2008 ottenne il 37,4%). In una simile situazione a chi sta all'opposizione basterebbe proporre provvedimenti meno scriteriati del contributo di solidarietà, che pare fatto apposta per punire le famiglie del ceto medio, e in grado di portare in cassa una cifra analoga. Davanti alla porta sguarnita, Bersani riesce però a inciampare sul pallone (una vita da mediano, e si vede). Le dieci idee da lui strombazzate per giorni e presentate ieri sono così imbarazzanti che non c'era bisogno di scomodare un pool di ex ministri dell'Ulivo per scriverle: un blogger di quarta fila bastava e avanzava. Le proposte o contemplano nuove tasse (punto 6: introduzione di una "imposta erariale sui grandi valori immobiliari basata su criteri fortemente progressivi", e subito il pensiero corre a Vincenzo Visco); o comportano un aumento delle spese (come i nuovi finanziamenti per le politiche industriali nel Mezzogiorno, previsti nel punto 4); o sono impraticabili (tipo la nuova imposta sui capitali scudati, a forte di rischio di incostituzionalità e quasi impossibile da applicare a causa dell'anonimato); o sono semplice riciclaggio del buon senso comune (che servissero "misure efficaci contro l'evasione fiscale" lo aveva capito persino Giulio Tremonti). Vorrei ma non posso - Come don Abbondio, Bersani non può darsi il coraggio che non ha, e così le tre paginette che ha presentato ieri sono tutte un vorrei-ma-non-posso. Sui costi della politica, per dire, di grasso da tagliare ce ne è tanto. A partire dall'abolizione di tutte le province: porta soldi, è popolare, Berlusconi vuole farla ma Umberto Bossi glielo impedisce. E il segretario del Pd, invece di appropriarsene, scrive nel suo temino che bisogna fare "il dimezzamento delle province o, in alternativa, la loro trasformazione in enti di secondo livello". Deve avere scoperto che metà delle province è governata dai suoi, così la vecchia volpe propone di abolire le altre. O di farle diventare "enti di secondo livello", un messaggio chiaro e forte che il popolo di sinistra di sicuro apprezzerà. Stessa storia con le privatizzazioni. Il patrimonio immobiliare di Stato ed enti locali vale all'incirca 400 miliardi. E in molti casi, per mantenerlo, si spende più di quanto frutti. L'idea di venderne una grande quota - il 40% - per ridurre il debito pubblico è frullata anche nella mente del Cavaliere. Bersani però deve fare i conti con gli amministratori locali del suo partito, i quali - al pari degli altri - ritengono che gli immobili pubblici siano roba loro. Così opta per il minimo sindacale: "Un piano quinquennale di dismissione e valorizzazione di immobili demaniali per almeno 25 miliardi di euro". Che vuol dire vendere appena il 6% dei mattoni dello Stato, per di più nell'arco di un quinquennio. E quei 25 miliardi a babbo morto sono l'unica cifra che appare nel documento del Pd. Vuoto assoluto - Da un partito che freme (a parole) per andare al voto e si candida a guidare il Paese ci si aspettava un decalogo con gli attributi, che elencasse le entrate previste da ogni intervento. Nulla da fare. Non è indicato nemmeno quanto dovrebbe fruttare la nuova imposta sugli immobili che Bersani intende introdurre, né è spiegato quali sarebbero le aliquote che graverebbero sui proprietari. Nel Pd sono riusciti a litigare tra loro anche su questo, e nel dubbio hanno deciso di non scrivere nulla, così nessun elettore può incavolarsi. In compenso, tra gli interventi elencati, c'è la "autonomia delle parti sociali". Che con i saldi della manovra non c'entra nulla, ma serviva per allungare il brodo e arrivare al decimo punto. Il vuoto assoluto, insomma. Al confronto, la contromanovra presentata dall'economista montezemoliano Nicola Rossi è un capolavoro di serietà. Ma se il povero Rossi se ne è scappato dal Pd a gambe levate un motivo c'è. di Fausto Carioti

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