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Si agita la casta del pallone: ecco lo sciopero dei nababbi

Niente tassa di solidarietà nel contratto e più diritti ai fuori rosa: i giocatori pongono il diktat e la Lega di Serie A vota contro

Andrea Tempestini
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I club al Parco dei Principi, i calciatori a quello dei princìpi - potenza di un accento. E in mezzo Abete che è riuscito a farsi prendere ripetutamente per il naso dai primi e ha rimediato un'altra brutta figura con l'Aic, l'Anc e, non lo escludo, anche col Cis-viaggiare informati. Ieri le parti hanno continuato a litigare, oggi faranno la pace - immagino -: voglio però vedere chi si fiderà (ancora) di chi. Il nostro calcio è questo, e poi ci meravigliamo della crisi che sta attraversando: abbiamo un presidente di tutti, il federale Abete, che ogni tanto ci prova ma viene puntualmente delegittimato; dei dirigenti di società che pensano una cosa, ne dicono un'altra e ne fanno una terza (il nodo sul punto 7, quello degli allenamenti differenziati che ha bloccato tutto, è in fondo il prodotto dei danni derivati da un solo caso negli ultimi 30 anni, il Pandev-Lotito, oltre che dell'attivismo dell'avvocato della Juve Briamonte) e dei professionisti, i calciatori appunto, che riescono a passare del torto anche quando, come in questo caso, hanno ragione: avevano firmato l'accordo sulla base delle rassicurazioni fornite da Abete che dalla Lega s'era fatto garantire l'altra firma necessaria spiegando che avrebbe poi comunicato i contenuti della sua mediazione; ma la Lega quella firma non l'ha mai apposta. Avvilente il quadro generale e paradossale ciò che è accaduto nei giorni scorsi attorno al contributo straordinario di solidarietà e all'individuazione del relativo pagatore: società o calciatore, a chi la banana? Sul tema abbiamo letto di tutto, dalle certezze di Victor Uckmar («è a carico dei calciatori») alle risposte di Adriano Benazzi, commercialista di molti campioni di Serie A e autore de “La tassazione dei calciatori in Italia e all'estero” («spetta ai club»): il vero problema dei calciatori è il timore che anche il pagamento della supertassa possa pesare soltanto su una parte di loro, la meno “importante e influente”, mentre in soccorso delle prime firme, i titolari indiscussi, gli Ibrahimovic da 800mila euro di imposta, finirebbe per intervenire come sempre l'amico presidente. Ecco dunque un'altra divisione interna. Uno sciopero che procurerebbe fastidi (rimediabili, per carità) soltanto ai tifosi, ai giornali e alle tv (il primo turno verrebbe recuperato e ai calciatori non verrebbe trattenuto un solo euro). Proprio di questo avevamo bisogno. Tuttavia, state tranquilli: una volta passata la bufera e giocata la partita, tutti torneranno a fare i conti con i punti in classifica e i malumori da panchina inadeguata o già traballante. Abete ci faccia la grazia: per una volta si (e ci) convinca che è lui la figura istituzionale più importante. Oppure, giustamente offeso, saluti questa brutta compagnia. di Ivan Zazzaroni

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