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Scajola Ministro indagato non a sua insaputa Lui si difende: "Riciclaggio alle mie spalle"

Nuovo capitolo nello scandalo della casa romana pagata da Anemone. Roma apre fascicolo: finanziamento illecito ai partiti

Costanza Signorelli
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Tre mesi fa, quando sul tavolo del procuratore capo di Roma Giovanni Ferrara, erano arrivate le carte dei pubblici ministeri di Perugia titolari dell'inchiesta sugli appalti per i Grandi Eventi, il capo dell'Ufficio giudiziario capitolino aveva dichiarato: «Ogni valutazione sulla posizione di Claudio Scajola è al momento prematura». Oggetto della discussione era il  “mezzanino” da 1 milione  e 700 mila euro, vista Colosseo, acquistato dall'ex ministro per lo Sviluppo Economico e in gran parte pagato, secondo l'accusa, con denaro altrui. I pm Alberto Caperna e Ilaria Calò, dopo avere studiato le 900 pagine arrivate dalla procura Umbra e confluite in un fascicolo rubricato a Roma, dopo avere affidato le indagini al Ros e alla Guardia di Finanza, hanno deciso di iscrivere  l'esponente del Pdl sul registro degli indagati. Illecito finanziamento a un singolo parlamentare, il reato contestato. Una fattispecie nuova e che rientra nella normativa sull'illecito finanziamento dei partiti politici. Claudio Scajola respinge le accuse e a proposito della casetta di via del Fagutale da lui pagata con 610 mila euro (mediante mutuo), afferma di non essere «mai stato consapevole» che l'imprenditore Diego Anemone (personaggio chiave nell'inchiesta sugli appalti del G8) avesse versato al suo posto ben 900 mila euro. Ma a maggio dello scorso anno, quando la Gdf trovò traccia di 80 assegni da 12.500 euro versati proprio da Diego Anemone alle proprietarie della casa abitata dall'allora titolare del dicastero dello Sviluppo Economico, egli diede le dimissioni fra mille polemiche. E mise in vendita la casa stessa. Questo nonostante non fosse indagato dai pm di Perugia. Oggi che le carte sono arrivate a Roma, però, le cose sembrano avere preso una piega diversa: Claudio Scajola è indagato. E non a sua insaputa. Secondo quanto ricostruisce l'accusa, quei 180 metri al primo piano di via del Fagutale, acquistati il 6 luglio 2004 dalle sorelle Barbara e Beatrice Papa non furono pagati  soltanto 610 mila euro come l'ex ministro afferma. In realtà, secondo quanto accertato prima dalla procura di Firenze, poi da quella di Perugia e ora dai pm di Roma, per il “l'appartamentino” vennero versati 1 milione e 700 mila euro; e la differenza di 900 mila fu elargita per Scajola da Diego Anemone, attraverso il suo architetto di fiducia Angelo Zampolini. Una tesi che l'ex ministro però smentisce. Anzi, la spiega così: io non ne so nulla di quei 900 mila euro. Se sono stati pagati  per l'acquisto della mia casa, tutto è stato fatto senza che lo sapessi. Tant'è che Claudio Scajola si ritiene vittima di una presunta azione di riciclaggio di denaro, ovviamente consumata alle sue spalle.  «Apprendo dalle agenzie di stampa», è il suo commento, «che la procura di Roma ha aperto un fascicolo su una vicenda per la quale Perugia, dopo un anno e mezzo di indagini, non ha ritenuto di dovermi indagare. Attendo con  serenità che i pm portino a termine il loro lavoro, nella convinzione che verrà chiarita la mia estraneità ai fatti». Da una parte ci sono i magistrati che ipotizzano: Angelo Zampolini conferma di essere stato lui in persona a consegnare i 900 mila euro, in 80 assegni circolari della Deutsche Bank, alle sorelle Papa ex proprietarie della casa. Queste, ascoltate dagli uomini della Finanza, hanno riferito che gli assegni circolari vennero loro consegnati da Scajola al momento della vendita. E aggiungono di non avere mai conosciuto Angelo Zampolini, nè l'effettiva provenienza del denaro intascato. Dall'altra però c'è l'ex ministro che, assistito dall'avvocato Giorgio Perroni, contrattacca: «Quei 900 mila euro non sono mai arrivati. Almeno per quanto noi ne sappiamo. L'impianto accusatorio era già crollato a Perugia, perché Angelo Zampolini ha ritrattato le affermazioni iniziali. Il notaio Gianluca Napoleone, che ha redatto e convalidato la compravendita, dichiara che l'unico passaggio di assegni è relativo al pagamento dell'immobile per 610 mila euro. Prezzo congruo al valore di mercato. Lo stesso direttore della Deutsche Bank da cui proverrebbe quel denaro, afferma di non avere mai portato assegni al rogito. Le sorelle Papa sostengono di non avere mai conosciuto Angelo Zampolini. Eppure l'architetto era presente all'atto della stipula preliminare: ha firmato». Se ha ragione Claudio Scajola oppure i magistrati romani, si saprà. Forse. Intanto l'ex ministro è indagato. E lo sa. di Cristiana Lodi

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