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A Venezia regna l'ipocrisia: Polanski assente santificato

Nessun accenno alla ragione della sua mancanza: la condanna per stupro. Gli attori fanno a gara per tessere lodi al regista

Costanza Signorelli
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Christoph Waltz sorride sotto la barba gonfia e marroncina, chiede ai giornalisti: "Ma siete sicuri che Roman Polanski non ci sia? Lui è qui con noi». Ha ragione: alla 68esima Mostra del cinema, nel giorno della proiezione del suo nuovo Carnage tratto da una piece teatrale di Yasmina Reza (Il dio della carneficina), lo spirito di Polanski aleggia sulla Laguna. La sua assenza satura più dell'invadenza chiatta di Madonna: Roman è invisibile ma non si parla che di lui; la signora Ciccone e i suoi fan schiamazzanti, il corredo circense da forzata del divismo sprofondano in un buco nero d'indifferenza. A conti fatti, va bene così, poiché i registi fuggivano a gambe levate appena i vertici della Biennale si permettevano di avanzare l'idea di piazzarli nel programma lo stesso giorno dell'Icona. Solo l'evanescente Polanski poteva tollerare il confronto. Già, perché il regista in Italia non ci può venire, per via di un trattato di estradizione che – qualora mettesse piede qui – lo catapulterebbe nelle grinfie della giustizia statunitense. Nel 1977 è stato accusato di aver stuprato una ragazzina nella piscina della villa di Jack Nicholson, e si è beccato una condanna. Si è fatto qualche giorno di prigione, poi è scappato in Europa e tanti saluti. Nel 2009, di passaggio in Svizzera, è stato arrestato: gli Usa rivolevano il loro stupratore. Niente da fare. Prima la giustizia di Zurigo gli ha concesso i domiciliari nel suo lussuoso chalet, poi ha negato l'estradizione e infine lo ha scarcerato. Così Roman è tornato a fare film. Carnage lo ha girato in Francia, anche se è ambientato negli Stati Uniti. "Ha fatto tutto dentro un teatro di posa", mi racconta Giampaolo Letta di Medusa, che distribuirà il film in Italia a partire dal 16 di questo mese. "Sono stato sul set a Parigi ed era incredibile: ha ricostruito perfettamente tutti gli ambienti di una casa americana, anzi una casa newyorkese, di Manhattan". Figurarsi se Roman è così scemo da andarci veramente, nella Big Apple. Va bene soffrire per l'arte, ma farsi ingabbiare no, sarebbe troppo. Gli va riconosciuto che il film è bello, cattivo quanto basta, poco meno di ottanta minuti filano dritti sparati, del resto sono stati girati proprio così  e il pubblico gradisce, a Venezia si è più volte spellato le mani. Il cast è eccezionale: Jodie Foster, Christoph Waltz, Kate Winslet e John C. Reilly, tre premi Oscar su quattro. Il testo della Reza è tagliente: due coppie di genitori si incontrano una sera per chiarirsi dopo che i loro figlioletti hanno litigato e sono venuti alle mani. La discussione dovrebbe svolgersi in maniera civile, ma è un crescendo di tensione, crudeltà, perfidie, fino alla crisi totale con la Winslet che vomita insozzando qualunque cosa. Su quel conato strappa-applausi, l'attrice ha tenuto una mezza lezione: "È stato ancora più divertente di quel che appare sullo schermo. Il vomito era una ricetta originale di Polanski: avanzi del cestino, banane schiacciate e arachidi. Io ho dovuto tenere questa roba in bocca e poi ricordarmi delle nausee in gravidanza. Alla fine della scena eravamo a testa in giù per le risate, anche se poi John e Jodie dovevano pulire tutto. Eravamo coperti di vomito".  Insomma, sulla scena si illustra come quattro educati benestanti possano agevolmente tramutarsi in bestie. Carnage vuole essere una commedia sulla ipocrisia borghese, dopotutto. A Venezia però abbiamo visto la commedia della commedia. Tutti i bravi borghesi erano lì seduti a crogiolarsi nell'ipocrisia. Gli attori facevano a gara nel dire quanto fosse stato bello lavorare con Polanski, come fosse figo. Winslet: "Roman è una forza della natura. Io e Christoph abbiamo visto il film con lui a Parigi. Devo dire che siamo onorati non solo di aver lavorato con lui, ma anche solo di aver goduto della sua illustre presenza". Reilly: "Quando Polanski chiama si dice sì, sei così entusiasta che ti alzi da terra, sono molto fortunato ad aver lavorato con lui". Nella conferenza stampa, non un accenno al lato stupratorio del regista, non un riferimento al fatto che sia scappato in Europa per evitare la galera o che tutti gli intellettuali, quando è stato arrestato in Svizzera, lo abbiano trattato come un martire della libertà. Nella chiacchierata concessa a un altro gruppetto di giornalisti, stuzzicati sull'argomento, Winslet e Waltz glissano, ripetono la tiritera dell'onore e aggiungono, appunto, che lui è presente qui. La più loquace è Yasmina Reza, che ha sceneggiato la pellicola in coppia con lui: "L'ho visto questa estate ed era molto orgoglioso del suo cast, ha detto di non averne mai avuto uno così brillante". Nei giorni scorsi aveva persino versato qualche lacrimuccia per l'amico in difficoltà: "Sono scioccata dal modo in cui la gente ha giudicato senza sapere nulla, esprimendo una pubblica condanna", ha riportato il Corriere. "È angosciato per i suoi cari, ha paura del linciaggio mediatico. È un uomo fuori dal comune, è sempre stato in esilio dall' America, che continua ad amare". Povero tesoro. Quando la incrocio sulla terrazza dell'Hotel Excelsior, la Reza ribadisce il suo affetto: "Chiamerò Roman stasera per raccontargli come è andata qui. La sua presenza è forte anche se lui non c'è. E poi anche se avesse potuto spostarsi, non sono così sicura che sarebbe venuto. Sa, Roman è uomo riservato, che non ama le luci della ribalta. È chiuso". Beh, se fosse venuto in Italia, chiuso ci rimaneva di sicuro. di Francesco Borgonovo

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