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Salsicce, basta con l'evasione: alle feste voglio gli scontrini

Come la chiesa, la ristorazione alle feste dei partiti non paga le tasse. L'ultimo degli esempi? Lo scempio democratico a Pesaro

Andrea Tempestini
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Qui si è scritto che la Chiesa, in molti casi, dovrebbe pagare l'Ici come tutti gli altri. Aggiungiamo che analogo discorso dovrebbe valere per le feste dei partiti, che grazie alla ristorazione fanno incassi anche notevoli ma non emettono uno scontrino che sia uno. Il decreto 460 del 1997, infatti, stabilisce che il rilascio della ricevuta non è obbligatorio «dal momento che gli introiti non sono tassati». E perché? Non è chiaro, a parte che vendere salsicce rientra nella «disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale». I tre quarti degli incassi vengono appunto dalle porchette varie, ma i partiti - che oltretutto si servono quasi sempre di volontari - non pagano praticamente nulla neppure per occupazione del suolo pubblico. Male che vada affittano gli stand a terzi. Domanda: ma così si fa concorrenza ad altri esercizi commerciali della zona? Risposta: sì, e basti che alla Festa nazionale del Pd nel centro storico di Pesaro, con Bersani a parlare e De Gregori a cantare, a fine agosto c'erano 13 ristoranti e 20 chioschi. Altra domanda: credete che in quella sede ci abbiano risparmiato un dibattito sul fisco e l'evasione fiscale? No, anche se sono dibattiti - vale per tutti i partiti - dei quali ai festaioli importa sempre meno: in quelle feste ormai non si fa politica, non si fa opinione. Si fanno panini. di Filippo Facci

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