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Da Mussolini fino a Lavitola: l'intera parabola dell'Avanti

Indietro tutta, compagni. Fu nel 1911 che il quotidiano si trasferì a Milano: divenne direttore il Duce. Un secolo di storia

Andrea Tempestini
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L'ultimo secolo dell'Avanti! è una parabola che inizia con Mussolini e finisce con Lavitola. Era il 1911 quando il giornale si trasferì a Milano: ne divenne direttore il Duce, che a quei tempi era socialista e faceva il giornalista. Un filo rosso lega quegli esordi col presente: la fuga all'estero dei suoi direttori, per scelta, paura o costrizione. Pensate a Pietro Nenni, direttore dell'Avanti! dal 1922 al 1948 nonché futuro segretario del Partito socialista. Nel 1926 Nenni fu  “invitato”  dai fascisti a espatriare: cinque anni prima le squadracce nere avevano lanciato bombe contro la sede del giornale, per farglielo capire. Il giornale chiuse ma Pietro lo ripubblicò, prima a Parigi e poi a Zurigo. Quello che era stato il quotidiano di Mussolini diventava, per uno scherzo del destino, il manifesto dei fuoriusciti anti-regime. La diffusione dell'Avanti! si fece clandestina in Italia, ma il Duce tollerò, purché gli autori se ne restassero all'estero. «Torno?» chiese Nenni. «No, resta dove sei», rispose Mussolini. Quando cadde la dittatura, l'Avanti! fece un passo indietro, perdendo copie, firme e influenza politica. La terza vita del giornale, dopo Mussolini e Nenni, cominciò quando al potere salì il Psi di Craxi. Da Benito a Bettino un processo si compiva. Il leader socialista fece dell'Avanti! l'organo ufficiale di partito, ne assunse la direzione dal 1978 al 1981 e ne rimase editore e responsabile fino agli anni di Tangentopoli. Craxi si firmava come Ghino di Tacco, brigante vissuto nel Medioevo, che dovette fuggire dal suo Stato (la Repubblica di Siena) per via di ruberie e malefatte. A Bettino spettò la stessa sorte. Nella bagarre della fine della Prima Repubblica, il Psi si sciolse, l'Avanti! chiuse e Craxi riparò all'estero nella prigione dorata di Hammamet. Il compito di commissario liquidatore del quotidiano fu affidato a Francesco Gozzano, nome giusto per una fase crepuscolare. Dalle sabbie tunisine l'Avanti! risorse nel 2003, sdoppiandosi in due nuove creature: L'Avanti! con l'apostrofo e Avanti! senza apostrofo. Il secondo vide la luce nella città-rifugio di Bettino, il primo venne affidato a un giovane e rampante socialista, Valter Lavitola. Era la quarta vita italiana del giornale. Ma anche a Lavitola sarebbe toccato il contrassegno amaro dei suoi predecessori: in esilio da indagato. Al posto di Francia e Tunisia, Valter ha scelto Panama e Bulgaria per non farsi incastrare. Come Nenni e Craxi, anche lui è ricercato dallo Stato italiano. Forse compirà la stessa parabola di Mussolini: dall'Avanti! Benito passò a Il Popolo d'Italia, Lavitola potrebbe passare al Popolo della Libertà. Di sicuro quello socialista è un giornale di latitanti. E ora, avanti il prossimo. di Gianluca Veneziani

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