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Per l'ultimo volo di Oriana Silvio le diede il suo jet

Giornalista espresse il desiderio di passare gli ultimi giorni nell'amata toscana. Il Cav l'accontento anche se lo massacrava

Andrea Tempestini
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Di certo, l'Oriana non era una fan sfegatata di Berlusconi. Per la precisione, lo aveva sminuzzato, tritato, polverizzato e di nuovo ripassato al coltello in uno dei suoi libri più venduti. Roba che a confronto le invettive di Montanelli assumevano l'aria di amorevoli carezze. Chissà, magari è stato decisivo il fascino esercitato sul Cavaliere da quella strana genìa di giornalisti toscani e riottosi: li amava come si ama il cavallo restìo alla briglia, che fuma dal naso quando lo si vuol montare. GESTO DA SIGNORI Comunque la si metta, pare proprio che alla Fallaci l'ultimo viaggio l'abbia donato lui, Silvio. Un gesto da gran signore, da amico che in realtà non era mai stato; un moto di quella generosità un po' ingenua che tanti guai gli procura anche oggi. Ecco la notizia nuda e cruda: «Secondo quanto apprende l'Adnkronos da fonti confidenziali, la scrittrice rientrò da New York a Firenze, la sua città natale, su un aereo privato di Silvio Berlusconi, all'epoca leader dell'opposizione». Siamo alla fine di agosto del 2006. Oriana è provata dall'assalto dell'Alieno, il tumore con cui da anni combatte una guerra senza quartiere, da cui solo uno sarebbe uscito vincitore (non lei, purtroppo). Ama la Grande Mela, lì ha scritto con la fiamma e il martello La Rabbia e l'Orgoglio, lì ha trovato un ventre accogliente ad abbracciarla.  Ma vuole tornare a casa sua, poiché sa che si trova agli sgoccioli. Secondo la sorella Paola, sarebbe rientrata appositamente per farla finita: «Tornò a Firenze per morire, era uno scheletro, in barella», disse anni fa. Beh, a quanto risulta all'AdnKronos sarebbe stato proprio Silvio a facilitarle il percorso, mettendole a disposizione un aereo privato dall'America alla Toscana. «Voglio morire nella torre dei Mannelli guardando l'Arno dal Ponte Vecchio», avrebbe detto Oriana, di micidiale precisione anche nell'addio.  Questa la motivazione, già illustrata in qualche libro: «Era il quartier generale dei partigiani che comandava mio padre, il gruppo di Giustizia e Libertà. Azionisti, liberali e socialisti. Ci andavo da bambina, con il nome di battaglia di Emilia. Portavo le bombe a mano ai grandi. Le nascondevo nei cesti di insalata». SONORI SCHIAFFONI E Berlusconi si mise a disposizione. Nonostante lei lo avesse preso a schiaffoni sulla pagina. «Mi consenta», scrisse in La Rabbia e l'Orgoglio, «(uso il Suo linguaggio, vede) d'esporre quel che in Lei non mi piace, ad esempio, la Sua mancanza di buon gusto e d'acume. Il fatto, ad esempio, che tenga tanto ad esser chiamato Cavaliere (...). E poi non mi piace la mancanza di serietà che dimostra col Suo vezzo di raccontar barzellette. Io odio le barzellette, oddio quanto odio le barzellette, e ritengo che un leader anzi un capo di governo non debba raccontare le barzellette cioè fare politica con le barzellette». Viene da immaginarsela, la scena. Lei che gli sbatte sul grugno questi pensieri spietati. Lui che cerca di immobilizzare il sorriso, ma in fondo ci resta male, tenta di rispondere con simpatia. E l'Oriana che si incazza ancora di più, come del resto è un crescendo l'assalto all'arma bianca contenuto nel testo. La Fallaci gli rimproverava di essere stato troppo tenero con gli islamici, di aver prima espresso il suo pensiero (riguardo la “civiltà superiore”) e di essersi poi fatto convincere a smentirlo, per non suscitare drammi. «Se a capo del governo ci fossi stata io, glielo assicuro, me li sarei mangiati tutti con la mostarda», sentenziava la terribile fiorentina: e come non crederle. Dicono che a Silvio piacciano i servi, quelli che annuiscono a capo chino. Mica vero. Lo dimostra l'affetto profuso verso tutti i giornalisti che rispondevano (e rispondono) alle gentilezze con la carta vetrata. CARATTERI ROBUSTI S'invaghisce dei caratteri robusti, rocciosi, forse perché vi annusa delle affinità. Si è sempre circondato di siffatti tipacci, li ha coccolati ricevendone in cambio staffilate. Però, all'ultimo, l'Oriana la presa per mano, accompagnandola dove voleva: a casa. La Fallaci era a Firenze, vedeva l'Arno, il 15 settembre 2006. Cinque anni fa, precisi come lei.       di Francesco Borgonovo

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