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Il Corsera è stupito: più di Papi scandalizza il buon Bagnasco

Se la testata di via Solferino si sorprende: ohibò, i lettori stanno col premier. Altro che feste ad Arcore: effetto delle intercettazioni

Andrea Tempestini
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Non riesce proprio ad accettarla, Sergio Romano, l'opinione dei lettori del Corriere della Sera. Quando finalmente perfino il presidente della Conferenza  episcopale italiana si era lanciato in una specie di anatema contro Silvio Berlusconi e il bunga-bunga, ecco che dalle caselle della posta di via Solferino gli giunge l'amara sorpresa: «Mi aspettavo un maggior numero di lettere favorevoli all'intervento del cardinale Bagnasco», scrive l'ex ambasciatore rispondendo alle perplessità di Pietro Volpi e Mauro Amaldi Testa. Invece, «quelle critiche e implicitamente favorevoli al presidente del Consiglio, come le vostre, sembrano essere, per il momento, prevalenti». Insomma, li scandalizza più il capo dei vescovi, che dimentica di citare i princìpi non negoziabili così omettendo la dottrina cattolica, di quanto non li faccia indignare Papi, ormai notoriamente deboluccio quando si tratta della concupiscenza degli occhi e della carne. Che si trattasse di fan del Cavaliere o di cattolici? Niente di tutto ciò, probabilmente. Il primo interlocutore invitava a non mettere sullo stesso piano la gravità dello scandalo dei preti pedofili e i comportamenti sessuali del capo del governo, e concludeva con un'esortazione a scagliare la prima pietra, riservata «a chi non ha peccato». L'altro rilevava, sulla scorta di un sondaggio de La7, che il consenso nei confronti della coalizione di governo è rimasto pressoché inalterato, tanto da rendere «inutili  quindi i predicozzi episcopali». Romano interpreta a suo modo, come se i richiami ecclesiastici si fossero rivelati inefficaci. Così si autoincarica di una nuova vibrante omelia laica, avventurandosi nell'ermeneutica dell'intervento del cardinale Bagnasco, «costretto a farlo dalla necessità di compensare, agli occhi dei fedeli, l'eccessiva familiarità degli scorsi anni con il governo di centro-destra». Evidentemente non gli è ancora giunta notizia sulla clamorosa censura pontificia della prolusione tenuta all'assemblea della Cei. Papa Benedetto XVI in persona, che fra le altre cose è anche vescovo di Roma, non avrebbe per nulla gradito il riferimento esplicito a Silvio Berlusconi e l'avrebbe personalmente espunto dal testo. L'avesse saputo, l'erede di Indro Montanelli nella stanza dei lettori del Corrierone probabilmente avrebbe rifiutato anche quell'elemento di cronaca, relegandolo al gossip. Fanno così, da quelle parti. Sono idealisti come Hegel, il quale, se i fatti contraddicevano la sua teoria, sentenziava: «Tanto peggio per i fatti». E sono idealisti come Gentile, nel senso che concepiscono una funzione etica ed educatrice della stampa. Se gli dicessero la verità, e cioè che la Chiesa cattolica, tutto sommato, preferisce un libertino che da vent'anni garantisce la libertà di predicazione? E se «l'eccessiva familiarità» con il centro-destra derivasse dal sospetto verso i giustizialisti e i moralisti che inaugurerebbero una stagione di persecuzione amministrativa e ideologica, cosa ne dedurrebbe Romano? Che anche i lettori del Corriere della Sera, che non coincidono obbligatoriamente con quelli di Avvenire o di Famiglia Cristiana, si dimostrano più attenti ai diritti degli individui di quanto non siano le caste dei giornalisti, dei giudici e degli ex diplomatici abituati alla Prima Repubblica, dove le virtù erano pubbliche e i vizi privati. Ora, per effetto delle intercettazioni telefoniche, accade il contrario. Basta leggere i quotidiani per capirlo. di Andrea Morigi

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