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Smidollati I giovani indignati che si lamentano si rubano il futuro da soli: devono adattarsi

I battaglioni di ragazzi che rifiutano mestieri solidi considerati umilianti non capiscono quali siano le priorità

Andrea Tempestini
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Mi ha fatto sentire un imputato l'opinione di Francesco Borgonovo a proposito del mio libro Poco o niente. Mentre la leggevo, stavo dentro una gabbia, davanti a un tribunale chiamato a giudicarmi. Calma, sto esagerando. Francesco è un collega bravo, giovane e molto cortese. Dunque mi perdonerà l'uso di questa immagine un po' rozza. Tuttavia, lui ha ragione. Chi ha creato il caos di oggi? Non certo i giovani. Quando si hanno venti o trent'anni è difficile creare qualcosa, di buono o di cattivo. Esistono eccezioni, ma di solito le ultime generazioni subiscono lo stato di cose determinato da quelle precedenti. La mia generazione è cresciuta nel dopoguerra. Oggi, primo giorno di ottobre, compio 76 anni. Nelle epoche rievocate in Poco o niente sarei già mancato da un pezzo. Invece sto ancora qua e, forse, seguito a occupare un posto che potrebbe essere di un giovane. Ma se un editore paga me e non un trentenne, vorrà pur dire qualcosa. E lo stesso vale per i libri che pubblico. Hanno lettori? Bene, proviamo a venderli. Se non si vendono, mandiamo l'autore al macero. ALCUNI CONSIGLI PER I RAGAZZI Ma il rimprovero cortese di Borgonovo un fondamento ce l'ha. È vero che abbiamo rubato il futuro ai giovani. Entro certi limiti, però. Sapete chi ha completato il furto? Proprio i ragazzi e le ragazze che oggi si lamentano. Non sto esagerando, non scaglio il pallone fuori dal campo. Tra un istante spiegherò il perché. Prima voglio mettere nero su bianco alcuni consigli che penso di dover rivolgere a Francesco e ai suoi coetanei. Innanzitutto, andare a caccia dei colpevoli, anziani o vecchi che siano, non serve a nulla. Non aiuterà nessuno a vivere in modo decente. Le piazze dei cosiddetti Indignati piacciono ai giornali e ai partiti di opposizione perché fanno notizia e creano fastidi ai governi. Ma sono un bluff, un teatrino senza costrutto e privo di risultati. Lo capiremo ancora meglio quando anche da noi appariranno gli Indignati, come sembra stia accadendo. Invece di incavolarsi, i giovani dovrebbero prendere atto di quanto accade attorno a loro. In tutto l'Occidente, per non dire altro, il mondo sta cambiando il proprio passo di marcia. Tutto diventerà più difficile di prima. Specialmente in Paesi come il nostro, carico di problemi e di debiti. Per fare un esempio solo, molte lauree non serviranno più a nulla. Mi vengono i brividi quando vedo battaglioni di ragazze e di ragazzi iscriversi a Scienze della comunicazione, nella vana speranza di fare i giornalisti o gli addetti stampa. Lo stesso vale per chi studia sociologia, psicologia, architettura, lettere. E provo pena per le loro famiglie. Il mito del figlio laureato che trova subito il posto fisso è crollato da un pezzo. Eppure tanti bravi genitori ci credono ancora. Senza rendersi conto di essere destinati  a svenarsi per finanziare carriere che non ci saranno mai. E tra qualche riga presenterò un elenco sommario delle professioni, con laurea o senza, che stanno diventando indispensabili e ben remunerate nell'Italia di oggi. Un'altra verità che i giovani stentano ad apprezzare è sotto gli occhi di tutti. Sta mutando, e muterà sempre di più, lo stile di vita. Il lusso diventerà un piacere riservato a pochissimi. Prima o poi sarà anche un piacere rischioso per chi non paga le tasse sino all'ultimo euro. Finirà con l'imporsi una virtù dimenticata: la sobrietà. Dovremo rassegnarci a molte rinunce. Basta con i cellulari sempre più sofisticati, gli aggeggi elettronici, i televisori di ultima generazione, gli abiti griffati, le vacanze in Paesi lontani. Farne a meno, forse non renderà impossibile accendere un mutuo per acquistare una casa. I giovani dovranno accettare di faticare molto pur essendo pagati poco, almeno all'inizio. Il precariato diventerà una condizione stabile per tanti. L'unico modo per evitarlo sarà fare un lavoro indipendente. Diventare un bravo falegname, un elettricista, un impiantista, un idraulico, un fabbro, un piastrellista, un imbianchino, un infermiere che va nelle case, un assistente di persone anziane, garantisce uno stipendio decente. Sono figure che si trovano con difficoltà. Quelli che esistono hanno quarant'anni e anche di più. LA RESPONSABILITA' DELLE FAMIGLIE So che è duro presentare queste soluzioni a giovani che vorrebbero diventare medici o ingegneri. E cito appena due professioni che hanno ancora un futuro. Qui entrano in scena le famiglie. La loro responsabilità è grande. Smettano di pensare che i figli debbano essere assistiti e finanziati per anni. Quando presi la laurea, nel 1959, avevo 23 anni e mezzo, mia madre mi disse: «Bene. Adesso devi andartene di casa. Ho già trovato chi compra i mobili della tua camera da letto». Caro Borgonovo, il tuo titolo, «Siamo già un Paese di (quasi) poveri», è acchiappante, come dicevano i vecchi direttori. Ma rischia di portarci fuori strada. Non siamo affatto quasi poveri. Siamo messi peggio. Siamo candidati a diventarlo senza rendercene conto. Vogliamo la luna. Pretendiamo l'impossibile. Aspiriamo a stipendi sempre in crescita. Pretendiamo carriere sfolgoranti, senza sacrifici. Forse dovremmo cominciare a tenere molto caro il posto di lavoro che si riesce a trovare, per modesto che sia. di Giampaolo Pansa

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