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Marchionne idolo della sinistra Peccato che l'abbia scaricata...

Fiat molla Marcegaglia quando industriali fanno politica. Uno schiaffo per il Partito Democratico. C'era chi lo voleva leader

Andrea Tempestini
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L'abbandono di Fiat a Confindustria non è arrivato come un fulmine a ciel sereno. Sergio Marchionne lo aveva annunciato, poi lo ha ufficialmente sancito. Ciò che lascia un po' perplessi (soprattuto lascia perplessa la sinistra) è la tempisctica scelta dall'ad del Lingotto: lo strappo è stato consumato proprio una manciata di giorni dopo la 'svolta' di Emma Marcegaglia, che ha gettato la maschera e, tra un intervento e l'altro e fino ad arrivare al piano-diktat al governo in cinque punti, si è schierata in netta contrapposizione al governo. Per la sinistra è un bello smacco il fatto che Sergio abbandoni Emma proprio quando quest'ultima inizia a fare politica. Marchionne, infatti, è sempre stato portato in palmo di mano dal Partito Democratico: Piero Fassino lo defi un "vero socialdemocratico", per esempio. Ieri, dopo lungo silenzio, il Pd (anzi, lo stesso Fassino) ha definito la decisione dell'amministratore delegato di Fiat "negativa". Bersani: "Decisione negativa" - Anche Bersani è stato costretto a spendersi in giudizi non lusinghieri sulla decisione di Marchionne: "Come ha detto Enrico Letta l'uscita di Fiat da Confindustria è veramente negativa perché credo, come ha detto Marcegaglia, che non ci sia nessuna ragione perché non si possa cercare la produttività senza una balcanizzazione del sistema". Fassino, però - in occasione, al fianco proprio di Marchionne, dell'inaugurazione del nuovo campus del Politecnico di Mirafiori - non ha voluto dilungarsi sulla decisione di Fiat, un vero colpo basso nei confronti di quella Confindustria che come ha ricordato lo stesso manager italocanadese "oggi pensa troppo alla politica". Sinistra spiazzata - Il succo è che la sinistra, come al solito, si trova spiazzata. Il Partito Democratico, costretto al perenne inseguimento (dei referendari, di Vendola, di Casini, di Di Pietro, di Napolitano, di Confindustria e anche del "socialdemocratico" Marchionne) si trova clamorosamente orfano di uno dei punti di riferimento che considerava più importanti. Sergio li ha abbandonati, senza giri di parole. Chissà se oggi Fausto Bertinotti lo chiamerebbe ancora il "borghese buono", chissà se Sergio Chiamparino potrebbe giocare ancora a scopone al suo tavolo, chissà se Goffredo Bettini vorrebbe ancora "come segretario del Pd un Marchionne" al posto di Bersani e Franceschini. Altro che segretario, Sergio ha scaricato tanto la sinistra quanto la Confindustria politicizzata.

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