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Barletta, la sopravvissuta: "Almeno 4 euro ce li davano"

Mariella Fasanella: "Cosa ne volete sapere, per voi contano solo le regole. Si stava bene, ci avevano messo anche la zanzariera"

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Ma "cosa ne volete sapere voi che venite da fuori? Per voi contano solo le regole... Ci davano solo 4 euro all'ora, è vero. Ma adesso non ho nemmeno quelli. E quando esco da qui devo cercarmi subito un altro lavoro, ho tre figli e l'affitto". A parlare, in un'intervista concessa al Corriere della Sera, è Mariella Fasanella, l'unica superstite del crollo della palazzina di Barletta avvenuto lunedì. La donna, rimasta sepolta sotto le macerie per 12 ore prima di essere soccorsa, risponde così quando sente parlare di lavoro nero sottolinendo come quell'impiego fosse per lei l'unico modo per mantenere la sua famiglia.  Lei è la sola che può provare a spiegare la realtà di  quel maglificio dove hanno perso  la vita le sue colleghe Matilde, Antonella, Giovanna e Tina di cui oggi, giovedì 6 ottobre, saranno celebrati i funerali. "Ci hanno messo anche la zanzariera" - Le donne lavoravano a cottimo e, dopo un luglio e agosto sottotono, settembre era andato piuttosto bene, spiega, tanto che il titolare, Savio Cinquepalmi, stava cercando una nuova ragazza. "Ricordo tutto - ha raccontato Mariella -. Si stava bene. Savio e sua moglie non erano degli sfruttatori. A giugno ci avevano anche messo la zanzariera alla finestra, perché di sera ci riempivamo di punture. Loro aiutavano persone che avevano bisogno. Eravamo tutte ragazze madri". Tra di loro solo Matilde faceva la sarta di professione, le altre, invece, si guadagnavano da vivere così dopo aver perso il lavoro. Per questo quando il suocero di Antonella le aveva fatto notare che l'edificio non era sicuro lei gli aveva risposto: "Ma che vuoi farci perdere il lavoro?" temendo di perdere quella che era la sua unica fonte di guadagno. Quello del maglificio dove è avvenuta la tragedia non è un caso isolato. Il declino dell'industria tessile nella zona, infatti, ha fatto sì che il lavoro nero diventasse una realtà sempre più diffusa. Secondo una stima della Cgil sembra che, infatti, siano almeno 200 le attività che non pagano i contributi allo stato.

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