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"No al carcere per i giornalisti. Ma bocche cucite per i pm"

Pdl, linea dura sulle intercettazioni. Belpietro: "La norma uccide la libertà di stampa. Basta che i giudici rispettino il segreto istruttorio"

Andrea Tempestini
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Passa la linea dura del Pdl sulle intercettazioni. Le commissioni hanno votato la norma che vieta di pubblicare anche per riassunto il contenuto delle intercettazioni fino all'udienza filtro. Inoltre il governo ha dato parere favorevole all'emendamento che prevede il carcere da sei mesi e tre anni per i giornalisti che pubblicano anche le intercettazioni considerate irrilevanti. Guarda il videocommento di Maurizio Belpietro su LiberoTv Quella sinistra spaventata - Il direttore di Libero, Maurizio Belpietro, ricorda un periodo in cui "la sinistra e i giornali erano terrorizzati dall'idea che si facesse lotta politica con la vita privata delle persone". Si parla degli anni in cui Eugenio Scalfari dirigeva l'Espresso. In particolare del 1960, quando "Giovanni De Lorenzo guidava il Sifar e fu accusato di aver accumulato dossier su uomini politici. Si parlò di golpe", ricorda Belpietro. Ci furono indagini e processi. Scalfari, poi, arrivò in Parlamento con il Partito socialista. Ma quelli "sono tempi dimenticati". Ora, infatti, "particolari della vita privata sono diventati utili per fare politica" e nessuno si stupisce più "dell'invasività della magistratura e dell'uso estensivo delle intercettazioni" che vengono pubblicate sulle pagine di tutti i quotidiani. "I magistrati siano gli unici responsabili" - Ciò premesso, continua il direttore di Libero, "è evidente che la norma che sta per essere varata dal Parlamento rischia però di fare altri danni soprattutto alla libertà di stampa": i giornalisti rischiano il carcere. "E il problema non viene risolto, perché le cose continueranno esattamente come si è fatto fino ad ora". Resta infatti il rischio che la riunione tra giudici e avvocati per decidere la pubblicazione non risolva nulla. "Anzi, c'è il rischio che avvocati e magistrati si mettano d'accordo e che le intercettazioni continuino ad essere pubblicate". La soluzione? "Ci sarebbe. Ed è molto semplice - conclude Belpietro -. Basterebbe ripristinare il segreto istruttorio e stabilire cosa si possa pubblicare e che la responsibilità non sia in capo ai giornalisti ma ai magistrati, i quali devono essere i soli custodi del segreto istruttorio".

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