Shalit libero: la scelta sbagliata "Niente patti con il diavolo"

Costanza Signorelli

Mille palestinesi liberi a quante vite israeliane corrispondono? Sembra atroce cimentarsi con la contabilità funebre mentre una famiglia festeggia il ritorno a casa del proprio ragazzo, a cui un gruppo di barbari ha rubato la giovinezza sequestrandolo per anni. Eppure alla domanda non si può sfuggire. Vale davvero la pena di mettersi a siglare patti con il diavolo pur di garantire la liberazione del caporale Gilad Shalit? Probabilmente no. Vota il sondaggio in basso a destra Guarda i risultati Forse questa riflessione non è da farsi in pubblico, bensì nel chiuso di un gabinetto, fra politici e uomini di potere i quali devono - con tutto il cinismo di questo mondo - tenere presente anche la ragione di Stato. Un giornalista ha posto un quesito straziante, di fronte al quale il padre del ragazzo soldato si è ritratto: «E se tra i mille prigionieri scambiati per ottenere il rilascio di Gilad ci fosse uno che tra qualche giorno venisse a uccidere suo fratello?». Un politico non può evitare questo interrogativo. Il fatto è che la trattativa che prevede la scarcerazione di un migliaio di terroristi (o potenzialmente tali) è una vittoria di Hamas, a cui si dimostra che rapire gli ebrei conviene. Questa è una vittoria del terrore, che gioca con la pietà e la compassione di cui solo le democrazie sono capaci. Purtroppo, l’amore per la vita viene sconfitto da chi professa la cultura della morte, da chi esiste per distruggere Israele. Talvolta, in circostanze estreme, uno Stato deve rinunciare a parte della sua umanità e mettersi a fare il conto dei morti. Anni fa, l’avvocato ebreo Alan Dershowitz giustificò l’utilizzo della tortura sui terroristi qualora permettesse di salvare vite. Ogni liberale di buon cuore è disgustato dall’idea di torturare un essere umano, ma se serve a proteggere degli  innocenti, nulla può essere trascurato. Abominevole è pensare di lasciare Gilad nelle mani dei palestinesi. Questo ragazzo è diventato un simbolo, conosciamo il suo nome, il suo volto, lo strazio dei suoi genitori. Delle vittime che verranno, dei morti  che si lasceranno dietro i terroristi liberati, non sappiamo nulla, nemmeno il numero. Ma non per questo le loro vite valgono di meno. A quanti caduti israeliani corrispondono mille palestinesi? Troppi. di Francesco Borgonovo