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La vendetta di Gianfranco ci costa 360 miliardi

Gianfranco blocca la ripresentazione del rendiconto generale ma rischia di fare un favore agli evasori e bloccare i pagamenti dello Stato

Lucia Esposito
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La tigna con cui il presidente della Camera, Gianfranco Fini, vuole impedire una nuova presentazione del rendiconto generale dello Stato per il 2010 e dell'annesso assestamento 2011 rischia di causare all'Italia un danno di oltre 350 miliardi di euro. Il rendiconto generale dello Stato infatti stabilisce entrate ed uscite dell'anno precedente. I conti li ha fatti il Ragioniere generale, e il bilancio realisticamente non si può cambiare: quello è, registrato ormai dalla Corte dei Conti e da Eurostat per l'Unione europea. Quel che però sopravvive l'anno successivo è il montante dei residui attivi e di quelli passivi. Il cavillo di Fini I primi sono i crediti dello Stato non riscossi e che una volta certificati possono essere acquisti negli anni successivi. Non è una cifra da poco: 229,7 miliardi di euro. Dentro c'è davvero di tutto. Ma bloccare per semplice ragioni di regolamento come il presidente della Camera sembra invocare l'approvazione del rendiconto rischia di fare un bel regalo agli evasori italiani già pizzicati dall'Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza. In quei 229,7 miliardi di euro ci sono anche tutte le somme di entrata accertata e non ancora riscossa, che debbono essere per forza portate all'anno successivo e da lì eventualmente ai bilanci futuri. Ci sono irregolarità, elusioni ed evasioni fiscali già scoperte ma non ancora portate all'incasso. Così come in quella somma così vasta esistono crediti dello Stato esigibili da altri enti pubblici, società private o privati cittadini che debbono essere riscossi e rischiano di essere congelati invece a lungo per il cavillo Fini. Diritti a rischio Stessa cosa avverrà sul fronte dei residui passivi. Ammontavano al 31 dicembre 2010 a 108,2 miliardi di euro. In questo caso Fini fa certamente risparmiare i conti pubblici, perché si tratta di debiti accertati dello Stato e di pagamenti che sia pure in ritardo vengono rinviati agli anni successivi. Quelle che non saranno felici per la scelta del presidente della Camera sono tutte le imprese che vantano crediti in base a contratti e leggi nei confronti dello Stato: aspettavano già anni, ora ne aspetteranno di più, sempre che un giorno possano vedere le somme dovute. I guai del cavillo Fini però non finiscono qui. Perché mettendosi di traverso al rendiconto generale dello Stato per il 2010, il presidente della Camera ha bloccato anche la legge di assestamento del bilancio 2011 strettamente collegata. A cosa serve quel provvedimento? Da una parte a registrare i nuovi oneri o risparmi della finanza pubblica che dipendono da atti amministrativi e leggi approvati durante il 2011 e che naturalmente non potevano essere previsti quando l'anno precedente si era approvato il bilancio di previsione dello Stato. Ma non fa solo quello: sulla base delle spese dei primi mesi dell'anno, l'assestamento su proposta del governo o su richiesta degli stessi gruppi parlamentari che lo emendano, è in grado di spostare cifre anche rilevanti da un capitolo di spesa all'altro, a somma zero. Ripara cioè proprio i possibili danni che derivavano dai tagli lineari delle finanziarie passate varate da Giulio Tremonti. Un argomento a cui è sempre stata sensibile l'opposizione, e perfino lo stesso partito fondato da Fini. Tagli lineari Grazie all'assestamento ad esempio sono stati spostati fondi dai costi della politica, dai servizi segreti, dalle spese militari per dirottarli su capitoli di spesa più delicati: ricerca e innovazione, scuola, università, cultura, forze dell'ordine, lavoro, salute, sviluppo e competitività. Proprio questo era accaduto (ma non può essere in vigore fino all'approvazione) con l'assestamento 2011 che Fini vorrebbe affossare per una pura tigna politica nei confronti di Silvio Berlusconi. Tanto per capire grazie al presidente della Camera volano via 3,7 miliardi di trasferimenti extra agli enti locali (facevano la parte del leone le regioni a statuto speciale), mentre invece salta di gioia l'Unione europea cui erano stati tagliati 599 milioni di euro di trasferimenti. Non può essere registrato il programma di riduzione del debito pubblico da 16 miliardi di euro, e saranno contenti i mercati internazionali. Impedito l'aumento di 614 milioni di euro del fondo di sostegno del trasporto pubblico locale, con il vantaggio però che d'ora in avanti Governatori e sindaci dovranno marciare sulla presidenza della Camera lasciando in pace il povero Tremonti. Niente male lo scherzetto di Fini anche ai magistrati: restano nelle casse dello Stato i 192,4 milioni di euro che erano destinati alle spese dei tribunali per fare funzionare meglio giustizia civile e penale. Un grazie anche dai professori, perché alla scuola non andrà l'integrazione da 80,6 milioni di euro prevista dalla legge di assestamento. E un omaggio anche da poliziotti, carabinieri e guardia di finanza, perché su quei capitoli di spesa per assicurare l'ordine pubblico era prevista una integrazione da 187 milioni ora bloccata. di Franco Bechis

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