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La crisi colpisce anche le bellone Tassa sulle tette rifatte

L'Inghilterra propone l'Iva al 20% sulla chirurgia estetica. Il governo spera di ricavarne 500 milioni. Medici in rivolta

Lucia Esposito
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In tempo di crisi  i governi cercano di tassare l'impossibile. C'è chi chiede sacrifici a tutti e chi pur di rincarare   la dose colpisce alla cieca. Come  gli inglesi che intendono  applicare l'Iva del 20 per cento ai   fanatici del ritocchino estetico: gentili signorine  che si rifanno il seno  e signore (e signori)  di mezza età che pur di apparire sempre giovani ricorrono al lifting. Obiettivo del governo Cameron:  raccogliere  500  milioni di sterline l'anno.  Un nuovo seno  (tra le operazioni  più richieste in Inghilterra) passerebbe da   5mila  a 6mila sterline.  Tant'è che  l'iniziativa è stata soprannominata   «boob tax», ovvero «tassa sulla tetta». Come dire,   se vuoi concederti il lusso di una “quarta” per  poter sfoggiare una scollatura   da 10 e lode   non solo devi soffrire - è  sempre  un intervento chirurgico  al seno e anche   molto doloroso - ma devi anche pagare il supplemento lusso.     Per il momento è solo una proposta della “Hm Revenue & Customs”  che ha già fatto infuriare i medici. «Siamo tutti in subbug    lio», ha commentato  al Daily Mail  il chirurgo plastico Douglas McGeorge,   ex presidente della British Association  of Aestetic Plastic Surgeons, «che permetterà  di raccogliere soldi, ma come si fa a tassare un'operazione come  ad esempio la correzione delle orecchie a sventola fatta magari a un ragazzino  per evitare che venga preso in giro dai compagni e sviluppi così problemi psicologici? O ancora, quale livello di asimmetria o anormalità è richiesto per giustificare in termini medici un intervento al seno? In altre parole, qualunque giustificazione alle nostre decisioni in materia di Iva sarà impossibile, a meno che non venga violata la riservatezza del paziente». In Italia non ci siamo ancora arrivati, «trattamenti medici e chirurgia estetica non  sono soggetti a Iva», spiega  il dottor Pier Luca Bencini,  direttore scientifico e responsabile dell'Istituto di chirurgia e laser-chirurgia in dermatologia a   Milano. «Come  dice  l'Organizzazione mondiale della sanità,  la salute non è assenza  di malattia, è vivere un benessere psico-fisico. Chi si sottopone a interventi estetici vive un disagio e quel disagio è una malattia», ricorda il dottor  Bencini.      Siamo su un terreno molto delicato, difficile stabilire dove finisce il trattamento medico  e comincia quello estetico. Infatti  la proposta inglese «è un vero e proprio attacco a tutte le donne che si sentono incredibilmente vulnerabili in un momento particolare della loro vita», dice la presentatrice di Sky News, Kay Burley, che si è fatta un lifting a 50 anni. «Non mi piace l'idea che il governo pensi di pagare i debiti con i soldi della chirurgia estetica, penalizzando così le persone che vogliono essere più belle», le fa eco sul Daily Express Imogen Thomas, il cui seno finto, taglia XL, ha fatto girare la testa fra gli altri anche al calciatore del Manchester United, Ryan Giggs. Chissà  se avere più fiducia in se stessi dopo un lifting o  vedersi più belle con un  seno nuovo    sarà sufficiente  per chiedere l'esenzione dall'Iva?   Al governo Cameron però qualcuno dovrà pur dire che  la «boob tax»  potrebbe  diventare un'arma a doppio taglio: da un lato si incassa denaro, dall'altra si rischia di incrementare l'evasione fiscale. di Daniela Mastromattei

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