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Esselunga, la cassiera rubava Altro che mobbing e razzismo

Garazatua Bolognesi era stata licenziata dal supermercato nel 2008, "perché impossibilitata a fare pipì", diceva la sinistra. Invece era una balla

Veneziani Gianluca
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È stata licenziata per furto Garazatua Bolognesi, la cassiera peruviana dell'Esselunga che, tre anni fa, aveva denunciato la catena di supermercati per mobbing. Nell'ottobre 2008 la donna era stata colta sul fatto mentre rubava del materiale elettrico (diversi pacchetti di pile) dagli scaffali nel negozio dove lavorava. Eppure allora era nato un vero e proprio caso : la Bolognesi aveva denunciato i metodi dell'azienda, parlando di una «pausa bagno» negata che l'aveva portata a fare pipì sulla sedia della cassa. Aggiunse poi di essere stata aggredita da quattro colleghi come ritorsione. Subito avevano sostenuto la causa della donna i principali organi di stampa del centro-sinistra, dal Manifesto a L'Unità fino a La Repubblica. Anche il Corriere aveva preso le difese della donna, condannando il patron dell'Esselunga Bernando Caprotti. Solo Libero aveva sospettato che, dietro il licenziamento , non ci fosse affatto un caso di mobbing. E infatti, avevamo ragione.    I titoli erano del tipo: “Di nuovo Esselunga, capo nega permesso pipì”, “Esselunga: picchiata la commessa che parla coi sindacati” oppure “Esselunga, diritti corti” (il copyright è del Manifesto, come confonderlo). Ebbene sì Repubblica, Corriere della Sera, Liberazione, Unità e Manifesto (appunto) avevano pochi dubbi e dal febbraio 2008 hanno pubblicato 62 articoli sull'argomento. La povera cassiera di viale Papiniano, quella che aveva dichiarato di essersi fatta la pipì addosso perché costretta a restare a lavoro e di essere stata successivamente aggredita per le sue rivelazioni, era la vittima, e “il tremendo” patron dei supermercati, Bernardo Caprotti, il colpevole. Caso risolto. Anche perché meglio di così non poteva andare: da una parte c'era l'indifesa dipendente extracomunitaria  e dall'altra il cattivo imprenditore di destra. Esempio di scuola delle storture provocate dagli eccessi del capitalismo. E le indagini? La sentenza? Inutili orpelli, buoni soli a ingrassare le tasche degli avvocati e a confondere le acque. Assente recidiva-  I fatti però hanno dimostrato il contrario. Dopo un anno e mezzo il tribunale di Milano ha archiviato il caso perché “a seguito di indagini accurate ed esaustive accertava l'inesistenza di comportamenti vessatori reiterati… ai danni della signora Bolognesi Garazatua…”. Ma non solo. Perché poi il cattivo Caprotti non si è vendicato con il licenziamento, mentre la stessa Garazatua, e arriviamo al 24 settembre del 2011, è stata fermata dal personale di sorveglianza per aver sottratto merce dal supermercato. E ancora.  Perché in sette anni e mezzo, secondo i dati Esselunga, su 1355 giorni lavorativi la Bolognesi è stata assente per 626 (quasi il 50%).      Ci avevamo azzeccato - Cosa dire? Che sarà stato il caso, la tigna da bastian contrario l'impostazione garantista, ma Libero c'aveva azzeccato. Aveva posto dei dubbi. Preso le distanze dalla vulgata generale. E invitato a riflettere sui tanti nemici che Caprotti si era fatto per le sue battaglie anti-Coop. E meno male che la proposta di Basilio Rizzo, attuale presidente del Consiglio Comunale in quota Rifondazione Comunista, non ha avuto proseliti. Era il marzo del 2008 e a pochi giorni dal caso aveva candidato la signora Garazatua all'Ambrogino d'oro… di Tobia De Stefano

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