Bossi caccia via i maroniani Ecco i 14 leghisti scomodi

Giulio Bucchi

La voce gira da settimane, ma negli ultimi giorni quello che sembrava un pettegolezzo s’è fatto concreto. Almeno quattordici deputati della Lega hanno il divieto di andare in televisione, e in prospettiva rischiano seriamente di non essere più ricandidati. Così ha deciso il capogruppo Marco Reguzzoni. Tra i parlamentari nella lista nera c’è anche qualche pezzo da novanta: si va da Giancarlo Giorgetti, segretario del Carroccio in Lombardia, al bergamasco Giacomo Stucchi che  il Senatur aveva detto di voler promuovere leader a Montecitorio. Gli altri, in ordine sparso, sono Davide Caparini (colonna del movimento in Valle Camonica insieme al padre Bruno), Gianluca Pini (uomo forte in Romagna), Gianni Fava (candidato presidente a Mantova alle ultime amministrative), Nicola Molteni (ha le redini del partito a Como), Emanuela Munerato (veneta, nell’attesa le hanno espulso il marito), Paolo Grimoldi (volto storico dei giovani padani), Pierguido Vanalli (sindaco di Pontida), Nunziante Consiglio (bergamasco e apprezzato organizzatore della Bèrghem Fest), Fabio Rainieri (anima dei padani nel parmigiano), Matteo Bragantini (vicino al sindaco di Verona Flavio Tosi), Erica Rivolta da Erba e Gianluca Buonanno, unico piemontese nel mirino. Guarda caso, fanno notare i maligni, sono tutti maroniani. Alcuni di strettissima osservanza. Da più di un mese, Reguzzoni ha deciso di avere l’ultima parola quando le trasmissioni chiedono un leghista in studio. I quattordici, però, sono etichettati come gente in fase calante. E che rischia di non essere ricandidata. Risultato: davanti alle telecamere vanno per lo più esponenti del cerchio magico, ovvero il gruppo in sintonia con la famiglia del Senatur e che si guarda in cagnesco con le truppe di Maroni. Pensiamo alla veneta Francesca Martini o alla bergamasca Carolina Lussana (che hanno fatto capolino a Porta a Porta, insieme a Reguzzoni) o al sindaco di Lesmo Marco Desiderati (che s’è fatto vedere su La 7). A questa vera e propria stretta sfuggono in pochi. Per esempio un volto storico della Lega come il viceministro Roberto Castelli, che però è senatore ed è tra i più efficaci in video. A dirla tutta, l’ex Guardasigilli ha recentemente avuto una divergenza con Reguzzoni sulla partita che riguarda la Singapore Airlines a Malpensa: Castelli gli ha scritto una lettera per chiedere maggiore collegialità. Ha dovuto prendere carta e penna dopo che il collega aveva annunciato l’accordo per permettere alla compagnia asiatica di fare rotta per New York. Un’uscita giudicata intempestiva dal ministro Altero Matteoli, che è andato su tutte le furie e non ha ancora firmato il via libera all’operazione. Tra gli altri leghisti apprezzati in video c’è Matteo Salvini, maroniano doc, che bazzica soprattutto le tv private lombarde. Più d’una volta, Bossi l’ha rimesso in riga dicendo: «Quello parla troppo...». Ma è tra i lumbard più amati - e votati - in assoluto. Tra gli appassionati delle ospitate e delle interviste è impossibile non citare il sindaco di Verona Tosi, che s’è preso dello «stronzo» da  Bossi pochi giorni fa. Il leader non aveva gradito l’intervento del primo cittadino a Radio24 e l’aveva bastonato, sostenuto da Reguzzoni. Bossi e Tosi non si chiariranno lunedì, come anticipato da Umberto, perché il sindaco è ancora negli Stati Uniti e tornerà solo due giorni dopo. All’inizio della settimana, quindi, il Senatur incontrerà soltanto lo storico rivale di Tosi: Giampaolo Gobbo, cerchista doc e responsabile del movimento in Veneto. Parleranno dei mal di pancia nel Nordest e probabilmente verrà accarezzata l’ipotesi di commissariare la provincia scaligera (in mano agli uomini del titolare dell’Interno) o addirittura di cacciare Tosi. Non è possibile immaginare quando ci sarà una chiacchierata diretta tra Umberto e il sindaco, anche se “il capo”, come lo chiamano le camicie verdi, ha poi assicurato di non voler procedere con l’espulsione. Tornando a bomba, i vertici della Lega hanno deciso la stretta per tagliare le uscite in libertà. Il concetto è più o meno questo: i parlamentari possono discutere di governo (possibilmente senza esagerare con le critiche), mentre i sindaci devono pensare alle faccende dei loro comuni. Un modo per mettere il bavaglio al solito Tosi o al sindaco di Varese (manco a dirlo, maroniano) Attilio Fontana, che s’erano sgolati per criticare la manovra creando più di qualche mal di pancia. Il cambio di registro era stato chiarito anche dal capogruppo al Senato Federico Bricolo, esponente del cerchio, che allo scopo aveva organizzato una riunione coi suoi. In video si vede spesso pure Roberto Cota, governatore piemontese, che Bossi apprezza per le sue doti diplomatiche. Capacità che gli permettono di passare indenne in mezzo alla guerriglia interna al Carroccio. Cota è stato il predecessore di Reguzzoni a Montecitorio: riuscirà a far rivalutare il suo fedelissimo Buonanno? di Matteo Pandini