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L'accordo sui licenziamenti che unisce Pdl e mezzo Pd

Vi spieghiamo il piano del senatore democratico Pietro Ichino per un nuovo diritto al lavoro. Più flessibilita e garanzie per i non protetti

Andrea Tempestini
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Pietro Ichino prova a rilanciare la sua riforma del lavoro e apre la porta a Silvio Berlusconi. Nell'intervento pubblicato domenica su Libero suggeriva a Silvio Berlusconi di cambiare insieme l'articolo 18. "Il governo vuol riprendere il mio disegno di legge? - si chiedeva il giuslavorista -. Se fa sul serio è giusto appoggiarlo". Il progetto di Ichino rispecchia quello contenuto nel disegno di legge 1873/2009. Un testo lungo e articolato (leggete la versione integrale) che, a detta del Senatore democratico, "serve a superare il dualismo tra protetti e non protetti nel mercato del lavoro". Un progetto che ha raccolto il favore di una grossa fetta del Pd, di mezzo Pdl e del Terzo Polo (Udc, Api e Futuro e Libertà). Nuovo diritto del lavoro - L'idea avanzata da Ichino è quella di un "nuovo diritto del lavoro unico", che per la parte relativa ai licenziamenti si applichi soltanto ai rapporti di lavoro nuovo". Il Senatore propone "tutti a tempo indeterminato" a parte "i casi classici di contratto a termine, per punte stagionali, sostituzioni temporanee, a tutti le protezioni essenziali, in particolare contro le discriminazioni, ma nessuno inamovibile". E per garantire la massima flessibiltà, per chi perde il posto non più garantito dalle granitiche protezioni che vigono oggi, "una garanzia robusta di assistenza intensiva nella ricerca di una nuova occupazione, di continuità del reddito e di investimento nnella sua professionalità". I due problemi - Secondo Ichino i principali problemi sono due. Il primo, relativo ai lavoratori dipendenti senza alcuna protezione in caso di perdita del posto, "parlo delle centinaia di migliaia di lavoratori a termine, a progetto, co.co.co e partite Iva fasulle. Il secondo, "la vecchia protezione forte contro il licenziamento, il famoso articolo 18 dello Statuto del 1979". L'articolo 18 "di fatto consiste in una sorta di ingessatura del rapporto di lavoro; ma quando viene l'acquazzone - spiega il giuslavorista - anche il gesso si scioglie, e anche il lavoratore protetto dall'articolo 18 si trova con un pugno di mosche in mano". La necessità prioritaria è quella di poter "trasferire i lavoratori dalle aziende che non possono più valorizzare il loro lavoro a quelle che hanno bisogno di loro". Codice semplificato - Quello che serve, insomma, "è una riforma semplice ma incisiva, capace di coniugare la massima possibile flessibilità delle strutture produttive con la massima possibile sicurezza per i lavoratori nel mercato del lavoro". In sostanza si tratterebbe di "un codice del lavoro semplificato, composto di 70 articoli molto chiari e facilmente traducibili in inglese, e suscettibili di applicarsi a tutta l'area del lavoro sostanzialmente dipendente". Dunque il diritto del lavoro unico, "per la parte relativa ai licenziamenti si applichi soltanto ai rapporti di lavoro nuovi, che si costituiranno da qui in avanti". La nuova disciplina si potrebbe così sintetizzare: "Tutti a tempo indeterminato (tranne, ovviamente, i casi classici di contratto a termine, per punte stagionali, sostituzioni temporanee, ecc.), a tutti le protezioni essenziali, in particolare contro le discriminazioni, ma - ribadisce - nessuno inamovibile".

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