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Salvastati, il Cavaliere tentenna

Il programma per le riforme slitta di una settimana per il ponte di Ognissanti e gli impegni istituzionali. Il Cav pensa alla fiducia

Lucia Esposito
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I tempi non saranno così stretti. Causa la Camera a mezzo servizio per il ponte di Ognissanti e gli impegni internazionali di Silvio Berlusconi, il varo dei primi provvedimenti previsti dalla lettera spedita a Bruxelles (dismissioni e Piano Sud)   dovrebbe slittare alla prossima settimana.  Il Cavaliere è ad Arcore, impegnato nei consueti appuntamenti familiari del lunedì. L'occhio è rivolto alla Borsa di Milano e allo spread che vola oltre i 400 punti base. Silvio è molto preoccupato: «Tutti i mercati  sono sotto attacco speculativo, ma il nostro debito pubblico ci espone più di altri. Rischiamo di veder vanificati i nostri piani».   L'agenda settimanale non cambia: il primo impegno nella capitale è previsto per domani, quando Berlusconi parteciperà all'ufficio di presidenza del Pdl. Il bureau del partito è convocato per studiare i provvedimenti da portare in consiglio dei ministri, in ossequio agli impegni presi dal premier con Barroso e Van Rompuy. Ma anche per affrontare a viso aperto i malumori che si annidano tra i parlamentari vicini a Pisanu e Scajola: l'ex ministro dello Sviluppo economico siede nell'organo esecutivo del Popolo della Libertà. Il calendario - C'è troppo poco tempo per poter riunire il gabinetto di Palazzo Chigi e licenziare i primi decreti per rilanciare la crescita e contenere il debito pubblico. In più i mercati che ballano consigliano prudenza. Un'alternativa per fare prima c'è:  inserire le prime misure nella legge di stabilità, già incardinata nel calendario del Senato. Il premier sta valutando l'ipotesi.   Giovedì Berlusconi sarà di nuovo in viaggio, verso Cannes, dove c'è il vertice G20. Occasione in cui Silvio dovrebbe limitarsi a esporre  i contenuti del crono-programma che si è dato il governo per portare l'Italia fuori dalla crisi.  Al rientro l'intenzione del presidente del Consiglio è quella di presentarsi alla Camera. Non solo per riferire al Parlamento degli esiti del vertice internazionale: Berlusconi vuole anche rivolgere un appello all'opposizione perché collabori all'approvazione del piano in nome «dell'interesse nazionale». In questi giorni Silvio ha più volte teso la mano alla sinistra invitandola alla responsabilità. Non che gli interessi sul serio la partecipazione di Bersani, Casini e C. alla approvazione dei decreti e delle leggi delega che tradurranno in norme i singoli capitoli della lettera. No. L'obiettivo berlusconiano è quello di mettere la sinistra con le spalle al muro. Addossare alla minoranza la colpa di eventuali ritardi o, peggio, la mancata approvazione del piano. Avere l'alibi, al minimo accenno di ostruzionismo parlamentare, per procedere con lo strumento della fiducia. Un modo per blindare le riforme, ma anche l'opportunità per mettere il lucchetto alla maggioranza e togliere ogni tentazione alle fronde interne: «Voglio vedere chi si azzarda a togliere la fiducia al governo  mentre l'Europa ci guarda». Sondaggi ottimisti - Con l'accordo di Bruxelles Berlusconi ritiene di  aver tolto la smania ai potenziali congiurati del Pdl e sostiene di aver legato la sopravvivenza del suo esecutivo al destino della lettera: «L'Italia, non solo Berlusconi, si è impegnata con l'Ue ad approvare quei punti» e se Montezemolo invoca le larghe intese per un governo di salvezza nazionale ha fatto male i conti: «Un'ammucchiata del genere non sarebbe mai in grado di varare il nostro piano, fallirebbe dando il Paese  in pasto agli speculatori». Insomma: «Non c'è alcuna alternativa al nostro esecutivo». Silvio ha seguito il dibattito nel Pd e ha commentato negativamente: «Un partito spaccato, dilaniato dalla guerra tra capetti per la leadership».Il Pdl invece fa sorridere il capo del governo. Nei sondaggi è tornato a crescere e ieri  Berlusconi ha ricevuto i primi dati sul tesseramento: positivi, oltre le previsioni (più di 500mila iscritti). Un segnale di vitalità importante per Silvio, testimonianza che il suo popolo non l'ha abbandonato del tutto. È lì, dormiente o incazzato, ma c'è. di Salvatore Dama

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