Nazi-Merkel contro i Greci: blocca gli aiuti da 8 miliardi

Costanza Signorelli

Se l’obiettivo dell’incontro preliminare al G20 era quello di rassicurare i mercati sulla tenuta della moneta unica, Angela Merkel si è mossa da elefante nella classica cristalleria. La cancelliera tedesca non ha trovato altre parole per descrivere l’attuale situazione che queste: «Siamo giunti a un punto in cui sappiamo solo quello che succede ora». Che tradotto vuol dire: navighiamo a vista. E se i governanti dell’Unione non sanno che pesci pigliare, chissà cosa si pretende debbano pensare gli operatori finanziari, le imprese e le famiglie. Per fortuna, sempre ieri, l’ufficio Studi della Banca d’Italia ha diffuso uno studio, quello sì, rassicurante e non solo per il nostro Paese. Gli economisti di via Nazionale sostengono che il debito pubblico italiano è destinato a stabilizzarsi o addirittura a calare anche nell’ipotesi estrema di un aumento dei tassi di interesse all’emissione, fino all’8%. Questa proiezione dovrebbe dare tranquillità ai mercati perché garantisce la tenuta dei conti  anche in vista di un attacco speculativo ancora più pesante rispetto a quello registrato fino ad ora. Ma con l’attuale livello di fiducia degli investitori, la speculazione ha gioco facile nel trascinarli nel gioco a lei prediletto delle montagne russe. Le parole della Merkel, proprio perché uscite dalla bocca della rappresentante del Paese più solido del Vecchio continente, potrebbero infatti avere un peso maggiore nel fragile equilibrio dei mercati finanziari.  A meno che non vengano lette come risposta al braccio di ferro che la Germania, insieme alla Francia, sta attuando con il primo ministro greco. George Papandreou ha voluto un referendum sul piano di aiuti concesso da Bruxelles che prevede pesanti sacrifici al popolo greco e alle sue imprese. Il premier vuole interrogare la sua gente per sapere, di fatto, se vuole stare dentro o fuori Eurolandia. Il “no” alla stangata sembra scontato e questo potrebbe provocare una reazione a catena, con forte rischio di un ulteriore sfaldamento della moneta unica tra i Paesi più a rischio, gruppetto di coda di cui l’Italia fa parte. D’altro canto però l’Europa bloccherebbe i pagamenti lasciando la Grecia comunque in brache di tela. Secondo alcune fonti comunitarie, l’Unione avrebbe deciso di posticipare la prossima tranche di aiuti da 8 miliardi, legandola all’esito del referendum. Dovesse vincere il “no”, la Grecia può dire addio anche al pacchetto da 130 miliardi già approvato dai Paesi europei.  I toni usati dalla Merkel potrebbero essere letti come una risposta al “ricatto” di Papandreou, che ha bisogno di portare a casa un ammorbidimento delle condizioni poste da Bruxelles, in vista del voto di fiducia che si terrà domani ad Atene. Il rischio di essere fatto fuori è altissimo: il suo governo viene sostenuto da uno scarto di qualche voto. Sufficiente però per approvare la proposta referendaria che si terrà a metà dicembre. Ma non è detto che ciò avvenga.  Sotto questo scenario è iniziata infatti ieri a Nizza la trattativa con il premier greco da un lato, Merkel, Sarkozy, i rappresentanti dell’Ue e del Fondo monetario internazionale dall’altro. Tutto dipenderà da questo incontro, il cui esito dovrebbe essere chiaro già oggi, prima dell’avvio del G20. Ipotizziamo lo scenario peggiore:  la cancelliera tedesca non cede, Papandreou torna a casa con un pugno di mosche in mano. Se il governo greco dovesse cadere sul voto di fiducia, è possibile che s’insedi un esecutivo «di coesione politica nazionale per raggiungere l’ampio consenso necessario per l’applicazione del programma», come si è augurato ieri il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso. A questo punto il referendum salta e tutto torna come una una settimana fa. Ma se Papandreou dovesse ottenere la fiducia, il premier sarà costretto a portare avanti il piano della consultazione popolare (anche se le straordinarie giravolte di cui solo la politica è capace, potrebbero far cambiare idea all’esecutivo in un batter d’occhio). I greci bocciano il piano europeo: Atene va fuori dall’euro. E Bruxelles potrebbe usare i 130 miliardi promessi ai greci e una bella fetta del fondo salva-Stati a lei dedicato, per tamponare l’emorragia sui suoi mercati obbligazionari e ricapitalizzare ulteriormente le banche che dovranno svalutare l’altro 50% dei titoli tossici in portafoglio. In fondo, per la consistenza della moneta europea, nulla di grave. Ma fuori la Grecia, toccherebbe all’Italia alzare gli argini a protezione della moneta unica orfana della Penisola ellenica. Insomma, dalla credibilità del piano che presenterà oggi Roma a Cannes, dipenderà il vero futuro dell’euro. di Antonio Spampinato