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Concita&Co anti-democrazia Vogliono rieducare il popolo

I sinistri dell'odio puntano al lavaggio del cervello prima di andare al voto: se la stampa progressista sale in cattedra

Costanza Signorelli
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La democrazia sta diventando un lusso, con questi spread. La cosa ha aspetti drammatici - il referendum greco, le scelte di organi non eletti i quali dominano sulle politiche dei governi, eccetera - e declinazioni più spicciole e stranianti. «Fino a che punto», si chiedeva ieri corrucciato Gad Lerner su Repubblica, «le regole vigenti nell'economia sono tuttora compatibili con l'esercizio della democrazia?». Pochi centimetri più sotto Concita De Gregorio offriva la sua risposta a livello popolare con la recensione de «I soliti idioti», filmetto che promette di diventare di culto tra giovani e giovanissimi. La critica dell'ex direttore dell'Unità è da tramonto spengleriano: il ritratto dell'ennesima generazione fottuta dalle puttanate inculcate - ovviamente - dal circuito del disimpegno berlusconiano. Non ci si dimentichi, infatti, che la pellicola (che magari fa anche schifo, eh) porterà «spropositati guadagni ai produttori e distributori, ai Valsecchi e alla solita Medusa, Berlusconi all around»: roba che al De Benedetti editore mica gli passa per la testa. Insomma il film tratto dalla serie di Mtv è greve, sbracato, volgare, dice «culo», «mignotta», e i ragazzi parlano proprio così: dicono le parolacce,  e poi non vanno a vedere Sorrentino. A parte che non è detto che le due cose si escludano, e uno a un'ora e mezza di cinema può pure chiedere una sciacquata di cervello e stop, la preoccupazione educativa resta apprezzabile. L'apice che fa sospettare che voglia andare a parare altrove si tocca nel finale, un climax di desolazione transgenerazionale. Dice la De Gregorio: «Forse è già troppo tardi, è questo lo sconcerto. Forse con i ventenni non ce la faremo più, è troppo tardi. Ripartiamo, chi ha le energie per farlo, dai seienni. Proviamo coi cartoni animati». Non è un refuso: i seienni. Manca solo l'invito a leggere Kant, non fosse che in prima elementare tocca andare a letto presto. Poi c'è Massimo Gramellini, grande penna che si muove sul filo del paradosso in prima sulla Stampa, e con garbato azionismo risponde anche lui a Gad Lerner: «Per realizzare una democrazia occorre avere il coraggio di rimettere in discussione il diritto di voto», altrimenti la gente non vota Mario Monti, dal momento che «una parte non piccola degli elettori è così immatura da privilegiare i peggiori per stupidità, corruzione, menefreghismo». Gli stessi, a naso, che intasano le sale per «I soliti idioti». E che, tornando a Gramellini (che almeno invoca per sé una provocatoria lapidazione per l'enormità scritta), devono essere educati prima di accedere al privilegio dell'urna.A parte la leggera problematicità della misura di questo minimo comun denominatore costituzionale, la vera seccatura deriva dal sospetto che nel giro di una manciata d'anni poi tornino col riflusso, e alleghino i dvd dei «Soliti idioti» spiegando - ti ricordi? - com'era bello il disimpegno ai tempi della crisi. Chi ce lo garantisce, che il «dai cazzo» di Ruggero De Ceglie non diventi il «porcaputténa» da rivalutare? Chi ci assicura che la «smutandissima» della «Sorcicova» non si appresti a sostituire la leonardesca chiappa di Gloria Guida o il gran pezzo dell'Ubalda celebrata a posteriori da Walter Veltroni - sì, l'ex direttore dell'Unità? Forse è soltanto questione di tempo. di Martino Cervo

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