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Ecco come mi sento: Cav cita Mussolini per parlare di sè

Il premier: "Non conto niente, posso solo fare raccomandazioni". E paragona i suoi sentimenti alla lettera del Duce all'amante

Costanza Signorelli
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«Stavo leggendo un libro sulle lettere di Mussolini a Claretta e a un certo punto le dice: “Ma non capisci che io non conto niente, posso fare solo raccomandazioni”. Ecco, io mi sento nella stessa situazione». Silvio Berlusconi lo ha detto nell'intervista rilasciata a Mario Calabresi e apparsa ieri sulla Stampa. La citazione viene da un documento che Libero ha pubblicato nei giorni scorsi, domenica per la precisione. Una lettera del Duce alla Petacci datata 5 dicembre 1943, inzuppata di sconforto. L'uomo che la firma è stanco, spossato, infastidito dal dover rendere conto ad altri in quello che dovrebbe essere il suo governo, cioè la Repubblica sociale. «Tu dimentichi che io sono praticamente inesistente», si deprimeva Benito, «che la mia autorità è nulla. Il mio potere, zero». Nello stesso testo, Mussolini si lamenta del trattamento ricevuto dai giornali, del fatto che le sue telefonate siano ascoltate dai tedeschi. In effetti è comprensibile che il Cavaliere (quello di Arcore) ritrovi qualcosa di sé.  Ma è stupefacente anche l'uso che Berlusconi fa delle citazioni mussoliniane. Proprio lui, che viene accusato in continuazione di essere un dittatore, lui che viene costantemente paragonato al Duce dai suoi nemici (anzi, Giorgio Bocca sostiene che sia meglio  Benito). Lui che dovrebbe  far di tutto per discostarsi dall'impropria similitudine, che dovrebbe rimarcare le enormi differenze col capo del fascismo, tanto grandi da rendere inopportuno qualsiasi accostamento serio.    Eppure Silvio ci casca spesso, ripete le parole di Mussolini e ci si immedesima. Lo ha fatto nel 2010, a un vertice  a Parigi. «Nei suoi diari», dichiarò, «ho letto recentemente questa frase: “Dicono che ho potere, non è vero, forse ce l'hanno i gerarchi ma non lo so. Io so che posso solo ordinare al mio cavallo di andare a destra o di andare a sinistra e di questo devo essere contento”». Si riferiva alle agende in possesso di Marcello Dell'Utri (e pubblicate anche dal nostro giornale), che l'amico senatore gli aveva fatto sfogliare. Siamo certi che sia iniziato come un gioco. Gli avversari gli davano dell'autocrate e lui li stuzzicava un po', sguazzando nella similitudine; provocava citando il non citabile. Epperò, per uno strano rivolgimento, sembra che alla fine si sia convinto d'avere qualche sentimento in comune con Ben: li hanno avvicinati talmente tante volte che in qualche modo una nota comune Silvio l'ha trovata. E faceva impressione, ieri, che dovessere essere Mario Calabresi a marcare le distanze:  lei non è un dittatore. Certo che non lo è, anche se i soliti noti idioti lo sostengono tuttora. Però costoro tanto hanno fatto che il premier davvero condivide un frammento di vita con Mussolini. Lo stesso che il Duce spartiva con Claretta, scrivendole: «Tu dividi con me il privilegio dell'odio universale». Vero, li odiano entrambi, ma sia più accorto il Cav con i riferimenti storici: a Benito lui somiglia poco, in realtà, dunque non c'è motivo di suggerire ulteriori affinità. Perché oltre alle lamentazioni e all'amore per le donne, qualcuno vorrebbe che il premier e il Duce condividessero pure la fine. Niente affatto gloriosa. di Malabarba

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