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Perché restare berlusconiani: bisogna realizzare quelle idee

Giustizia, fisco, liberismo. Il Cav ha indicato un grande progetto che deve essere portato a compimento

Andrea Tempestini
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No, non dovete pensare che sia finita qui, tra gli insulti degli odiatori, i tradimenti che rendono microscopiche figure già di per loro piccine, le ole e i cori e i berciamenti della folla sciammanata, che non si rende conto della situazione ed esulta per una sconfitta. Ci sono ancora  ragioni per essere berlusconiani, e dunque il berlusconismo sopravvive. Anche senza Berlusconi. Forse nonostante lui. Il grande refrain di questi giorni è che il Cavaliere non ha fatto la «rivoluzione liberale» e quindi ha fallito. Può darsi, ma la rivoluzione liberale non è solo un fatto di norme e numeri, è una rivoluzione prima di tutto antropologica e per questo terribilmente difficoltosa da realizzarsi in un Paese nel quale sopravvivono calcificazioni d'interessi antiche e inamovibili. Il progetto berlusconiano è stato un bel sogno mai divenuto realtà (e certamente Silvio e il centrodestra  hanno le loro colpe, pure pesanti), ma non può e non deve tramontare adesso, anche se chi lo ha partorito è salito al Colle fra le grida belluine di un parte del popolo pronta al linciaggio. L'Italia ha ancora bisogno di essere cambiata come Berlusconi s'immaginava quando è sceso in campo e le misure che ci vengono imposte in questi giorni lo dimostrano. Se il Cavaliere ha un merito, è quello di aver mostrato una via, di aver contribuito a cambiare la nostra cultura in maniera indelebile, di aver introdotto nel dibattito temi e parole che si agitavano nella testa della popolazione e che nessuno prima aveva saputo esprimere e mettere in fila con tanta chiarezza. La «rivoluzione liberale» è rimasta incompiuta anche (non solo, ma anche) perché costituiva uno sforzo titanico. Ma proprio per questo bisogna continuare a credere che si debba portare a termine. Le istanze del berlusconismo sono ancora valide, le battaglie che Berlusconi ha iniziato sono fondamentali per la nostra sopravvivenza e non vanno abbandonate.  L'esigenza di riformare la giustizia continua a essere impellente. Grazie a Silvio, abbiamo cominciato a discutere di responsabilità dei magistrati, dei tempi mostruosi dei processi. Sono questioni ancora aperte, così come grava ancora sulle nostre spalle il micidiale carico fiscale e la riduzione delle tasse deve rimanere una meta da raggiungere. Un'iniezione di liberismo continua a essere indispensabile, perché a sinistra il fronte della conservazione deteriore è ancora forte. Le riforme, quelle immaginate dal Cav, devono restare una priorità.   Serve uno Stato  leggero e  bisogna persistere nel tentativo di alleggerirlo, anche combattendo chi vorrebbere mantenerlo pesante come un macigno. In questo Paese c'è ancora chi vorrebbe la democrazia dei migliori, chi permette che agli elettori sia sottratta la possibilità di decidere per se stessi. L'azionismo tramutatosi in superiorità morale  sbandierata è ancora incistato nel nostro dna, sebbene l'esperienza berlusconiana ce ne abbia mostrato gli enormi vizi. In tv dominano ancora i trombettieri del progressismo. Silvio  ha creato il centrodestra e rinvigorito la destra, aiutandola a veder riconosciuta la propria dignità. Però la memoria non è ancora condivisa, e qualcuno vorrebbe che  rimanesse a senso unico. Motivo per cui, anche sul fronte culturale, ci sono  incrostazioni da sgretolare. Dirà qualcuno: tutto ciò avrebbe dovuto metterlo in pratica Berlusconi, tramutando in realtà le teorie. Sì, va bene. Ma non per questo le teorie perdono di valore. Il Cavaliere ha indicato una strada, ci si è incamminato e non ha saputo percorrerla fino in fondo. Ciò non vuol dire che ci  si debba fermare al primo bivio.  Stiano sicuri coloro che ieri sputavano e si sgolavano:  Berlusconi avrà anche lasciato, ma le idee e le sfide che ha regalato a questa nazione sono ancora valide e vive. Dopo tutto, la grandezza del Cav, pur in questo momento in cui tutto crolla, sta nel fatto che non c'è bisogno di Berlusconi per essere berlusconiani. di Francesco Borgonovo

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