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Le trascrizioni erano sbagliate Cade l'accusa ingiusta

Accusati di corruzione elettorale, due imputati vengono assolti grazie alla scoperta dell'errore dei tecnici: i voti non erano comprati ma contati

Nicoletta Orlandi Posti
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Si sono messi ad ascoltare ore e ore di intercettazioni e alla fine hanno ritenuto che la trascrizione delle intercettazioni fatta dal perito del Tribunale fosse sbagliata. Per questo hanno assolto, il 12 ottobre scorso l'ex direttore sanitario dell'Asl di Pavia, Carlo Chiariaco, e l'ex assessore comunale del PdL, Pietro Trivi arrestati insieme ad altre 160 persone nel blitz contro la ‘ndrangheta “Infinito” su ordine del pool antimafia milanese. Chiariaco e Trivi - secondo quanto pubblica il Corriere della Sera - erano accusati d'aver dato 2.000 euro il 20 maggio 2009 a un infermiere e sindacalista dell'ospedale San Matteo “per ottenere il suo voto e quello di altri soggetti non identificati» nelle comunali a Pavia del giugno 2009”, con l'aggravante d'aver con ciò favorito la 'ndrangheta. I due replicavano d'aver solo finanziato un attivista per la campagna elettorale, e l'infermiere lo confermava.Il tribunale di Pavia però aveva in mano le intercettazioni che secondo i periti erano prove schiaccianti: “Ho comprato i due voti”. In realtà la frase che i giudici Beretta-Riganti-Balduzzi hanno ascoltato in audio era: “Ho contato i suoi voti” (la stessa che i periti della difesa avevano trascritto). E ancora: “Rischiamo un po' troppo”, scrivono i periti del tribunale di Pavia. L'audio dice invece: “Adesso chiamo Luca Tronconi”. Tanto basta per i giudici per ritenere che “l'interpretazione decisamente più corretta” è “quella della difesa” e quindi l'assoluzione il 12 ottobre dall'accusa di voto di scambio dei due.Ma non è tutto. Beretta-Riganti-Balduzzi ritengono anche che non siano stati fatti gli accertamenti anagrafici necessari. L'infermiere ai quali sarebbero stati dati i 2000 euro non era neanche iscritto alle liste elettorali del Comune di Pavia e quindi non poteva votare per Trivi.  “È sorprendente - infierisce il Tribunale - scoprire che non furono fatti accertamenti immediati per verificarne la qualità di elettore a Pavia”, ed “è difficile spiegarsi perché sia stata portata a giudizio un'accusa che, per metà, è inesistente più che infondata”. L'altra metà ipotizzava che l'infermiere intermediasse i 2.000 euro ad altri 100 elettori, stando all'intercettazione in cui i due imputati discutevano del taglio di banconote da imbustare per l'infermiere. Ma “nessun elettore compensato è stato individuato”, e l'intercettazione più valorizzata dai pm “è ambigua: da un lato può essere interpretata come se i 2.000 euro fossero il prezzo dell'impegno dell'infermiere nella campagna elettorale, dall'altro sembra che Chiriaco faccia riferimento a una sorta di tariffario per l'acquisto di voti”. Ma “questa frase” sostengono i giudici, “non trova preciso riscontro in alcuna altra conversazione”, anzi per i giudici è smentita da altre scovate dalla difesa. Per i giudici, “ciò che viene chiesto all'infermiere» appare «un tipico impegno da propaganda elettorale, del tutto lecito”; il succedersi di contrastanti ipotesi di Chiriaco sul valore dei voti rende “evidente che si esibisse in elucubrazioni rispondenti a sue aspettative ma non a fatti concreti”; e la compravendita dei voti non convince i giudici perché “si fatica a immaginare a quale sottoproletariato avrebbe dovuto rivolgersi l'infermiere per scambiare un voto con 10 o 20 euro”.

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