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Egitto, decine di morti al Cairo: si dimette il premier Sharaf

Caos per le proteste in piazza Tahrir. Giunta militare ha accettato il passo indietro del presidente Essam

Nicoletta Orlandi Posti
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Al termine del terzo giorno di scontri in piazza Tahrir, al Cairo, la giunta militare al potere in Egitto ha accettato le dimissioni del governo del premier Essam Sharaf, presentate domenica dopo i violenti scontri nella capitale: lo ha reso noto l'emittente panaraba al Jazeera. Secondo quanto ha riferito l'emittente, il governo resterà comunque in carica per il disbrigo degli affari correnti finché il Consiglio militare non prendera una decisione. Le dimissioni del Gabinetto arrivano mentre continuano le proteste contro la giunta militare. I manifestanti chiedono all'esercito di annunciare al più presto una data per il passaggio del potere a un governo civile. Gli scontri - Terzo giorno di scontri in piazza Tahrir al Cairo, tra le forze di sicurezza e i manifestanti che chiedono al Consiglio superiore delle Forze Armate di cedere il potere a un governo di civili. E il bilancio delle vittime sale: secondo una nota del ministero della Sanità egiziano, le persone uccise sarebbero 40 e quelle ferite 425, cifre molto diverse da quelle fornite in precedenza da un'associazione di medici volontari (15 morti e 1500 feriti).  Migliaia di manifestanti sono entrati in piazza Tahrir domenica per contestare la guida militare del Paese, mentre l'esercito ha risposto usando gas lacrimogeni e bastoni per disperdere la folla. La scena ha ricordato la Rivoluzione del 25 gennaio, che culminò con la deposizione dell'allora presidente Hosni Mubarak. Stamani a piazza Tahrir al Cairo la polizia ha di nuovo sparato i gas lacrimogeni per disperdere la folla, che ha risposto con il lancio di pietre e molotov. Guarda il video su Libero Tv: La polizia getta cadavere nell'immondizia Vedi le foto nella Gallery Nonostante le proteste il governo egiziano non si è dimesso e si è impegnato a far svolgere le elezioni legislative alla data fissata (il 28 novembre prossimo). È quanto si afferma in un comunicato letto alla tv di Stato dopo la riunione d'emergenza svoltasi nella sede del Consiglio Supremo dell'esercito con l'intero governo e dei membri del Consiglio. Il segnale della piazza, che sembra pronta a ripetere le gesta dei 18 giorni dell'inizio dell'anno, è stato recepito in apparenza solo dal ministro della Cultura, Emad Abou Ghazi: si è dimesso nel pomeriggio di sabato per protesta contro l'eccesso di forza impiegata dalla polizia e si è anche rifiutato di partecipare alla riunione congiunta di emergenza del suo governo con il Consiglio militare. Nelle stesse ore veniva diffusa la notizia dell'arresto da parte della polizia della candidata alle presidenziali Butaina Kamel mentre era alla testa di manifestanti diretti al ministero dell'Interno. E del sequestro da parte di alcuni giovani di un ufficiale dell'esercito (poi liberato in serata) e di un altro della polizia assieme a quattro agenti. La protesta, che già venerdì era dilagata ad Alessandria, dove si è anche avuto un morto, si è propagata oggi in varie parti del paese: di nuovo ad Alessandria e a Suez, nel nord, ma anche nel sud, a Minya ed a Qena. Infiltrati - Ad accrescere il caos, vicino a piazza Tahrir è scoppiato un incendio in un palazzo di sei piani, in cui è rimasto intrappolato un numero imprecisato di persone. I dimostranti hanno cercato di scalare i muri esterni per prestare loro soccorso, mentre l'intervento dei vigili del fuoco è stato ostacolato dalle forze dell'ordine che hanno lanciato lacrimogeni sulla folla.   A detta del responsabile per la Sicurezza Pubblica del ministero dell'Interno egiziano, Sami Sidhom, ad alimentare i tumulti non sarebbero peraltro semplici attivisti politici ma 'baltaguiya', cioè 'delinquenti' comuni in lingua araba, "infiltratisi tra la gente per fare irruzione" nella sede del dicastero e per "attaccare la polizia".   Secca la replica di Mahmoud al-Afifi, portavoce del movimento giovanile '6 Aprile', uno dei principali tra quelli coinvolti nelle proteste contro la giunta militare al potere: "Tra noi non ci sono infiltrati", ha affermato Afifi. "Come possono al ministero dell'Interno distinguere tra un infiltrato e un militante? Nemmeno le loro pallottole sanno fare differenze", ha ironizzato.   Il giovane ha confermato che durante la notte, grazie alla mediazione di un imam, era stato raggiunto un compromesso per una tregua, che però i poliziotti non avrebbero rispettato, continuando ad aggredire i dimostranti. Per il governo  sarebbero stati i manifestanti a non rispettare gli accordi, che prevedevano l'impegno ad allontanare da piazza Tahrir i 'baltaguiya' e a segnalarli alle forze dell'ordine.   E' stata frattanto rilasciata la giornalista Bothaina Kamel, arrestata domenica sera insieme ad alcuni studenti proprio in piazza Tahrir. Si tratta dell'unica donna candidata alle future presidenziali. Confermate le dimissioni rassegnate dal suo ex marito Emad Abu Ghazi, il ministro della Cultura che ha così voluto prendere le distanze dalla repressione in atto.   Il clima di tensione esasperata rischia di far saltare o di ridimensionare le elezioni parlamentari del 28 novembre, le prime del dopo-Mubarak. La Borsa del Cairo, intanto, ha perso il 4 per cento.

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