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Egitto, la follia delle elezioni: una vera macchina da brogli

Didici tornate fino a marzo e 42 partiti. Un'organizzazione ideata dai militari e avvallata dagli islamici. Ieri, gran folla ai seggi

Giulio Bucchi
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La ressa nei seggi elettorali che ha obbligato a posticipare di due ore la chiusura delle urne ci consegnerà di qui a 4 mesi, quando il farraginoso meccanismo di voto sarà terminato, un Egitto che ben poco avrà a che fare con la piazza Tharir di questi ultimi giorni. È partito il primo di ben 12 turni che si terranno fino a marzo per determinare le due Camere; in lizza 42 partiti, molti raggruppati nelle 4 principali alleanze. Fatti salvi i brogli – che sono enfatizzati, non a caso, da questo lunghissimo calendario elettorale - è largamente prevedibile che andrà a finire come in Tunisia e in Marocco. Il partito Libertà e Giustizia – proiezione dei Fratelli Musulmani – sarà con ogni probabilità il primo partito del Paese, ma con un risultato contenuto, che i sondaggi indicano tra il 25% e il 30%. Se si volesse vedere la cosa con ottimismo, si potrà dire che in verità – attribuito un 10% – 15% ai partiti salafiti – un buon 60%-65% dei voti – e forse anche più – sarà a favore dei partiti laici. Ma nessuno di loro sarà in grado di contrastare la maggioranza relativa dei Fratelli Musulmani (come già è successo in Tunisia e in Marocco) per la drammatica ragione che sono divisi da piccole rivalità e diatribe e che non sanno elaborare una proposta convincente, che attiri consensi. Questo, nonostante che l'Egitto dal 1920 e sino al golpe di Neguib e Nasser del 1952, abbia visto l'egemonia indiscussa del grande partito laico e nazionalista Wafd. Una tradizione stritolata da 50 anni di regime di Nasser e di Mubarak che oggi vede i laici – e ancor più i liberali – privi di solidi legami con il complesso della società egiziana. In questo contesto, sarà importante verificare quale sarà il risultato di «Almasrien Alahrar», «Egiziani liberali», il partito laico fondato dal tycoon copto Naquib Sawiris (ex proprietario  di Wind e oggi di www.libero.it, il primo portale in Italia), che dovrebbe raccogliere i voti della minoranza copta (10% degli elettori) e anche di ceti medi e agiati. Già da oggi però, si può prevedere che i veri vincitori delle elezioni. saranno i generali della Giunta al potere. La totale incapacità del movimento di febbraio di piazza Tharir di gestire politicamente la forza del movimento che si era esteso a tutto l'Egitto, ha infatti permesso ai generali di Mubarak di scaricare solo su di lui tutte le colpe, restando saldamente agganciati al potere, per di più col controllo  del 30% dell'economia del Paese, in aziende che contano centinaia di migliaia di dipendenti anche nel settore turistico e agricolo. L'estremismo delle manifestazioni degli ultimi 10 giorni di piazza Tharir, è la controprova di quella incapacità di «fare politica», da parte di un movimento («Le Monde» l'ha definito «anarchico-islamista») capace solo di occupare quella piazza-scenario, con parole d'ordine massimaliste contro la Giunta, senza più la capacità di avere dalla propria parte tutto il Paese, come avvenne a febbraio. Solo il decadere della professionalità di buona parte degli inviati occidentali, infatti, ha potuto legittimare il movimento recente di quella piazza come continuità di quello del febbraio scorso. Basti pensare alla panzana sul ruolo «centrale» che allora e oggi avrebbe Internet, accreditata da tanti inviati che non si sono resi ancora conto che in Egitto il 40% degli abitanti è di fatto analfabeta e che i computer sono in mano a non più del 5% degli abitanti. Solo i Fratelli Musulmani, purtroppo, hanno capito che il potere della Giunta militare guidata dal feldmarsciallo Hussein Tantawi, la continuità inerziale del regime che essa rappresenta, non possono oggi essere incrinati, e sono scesi a patti con i generali. In realtà, l'unica vera incognita per il futuro dell'Egitto, riguarda la capacità di presa sui Fratelli Musulmani oggi messa in atto dal turco Tayyp Edrogan, impegnato allo spasimo per sottrarli alla tradizionale sintonia con l'Arabia Saudita (che li finanzia), nel tentativo di convertirli a una visione laica dello Stato. Con forza, durante la sua recente visita al Cairo, il premier turco li ha invitati a battersi per una visione laica e non shariatica dello Stato. Uno scontro dentro l'Islam politico che è cruciale, non solo per l'Egitto. di Carlo Panella

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