Maroni: con Silvio è tutto finito Gli altri colonnelli s'infuriano

Lucia Esposito

Troppo popolare, troppo presente, troppo chiacchierone. Roberto Maroni spaventa gli altri colonnelli leghisti. E in vista del Parlamento della Padania, domenica, suscita qualche tensione per le sue dichiarazioni. Gli esponenti del cerchio magico, i dirigenti più vicini alla famiglia del leader, lo accusano di volersi sostituire a Umberto Bossi. Ma anche Roberto Calderoli, stando agli spifferi in via Bellerio, non avrebbe apprezzato alcune uscite dell’ex collega di governo sulle strategie del movimento. Fatto sta che l’assise di Vicenza sarà dedicata anche a Gianfranco Miglio, così come chiesto proprio da Bobo, e segnerà in modo ancora più chiaro il ritorno alle origini del Carroccio. Che vuole ripulirsi dopo gli anni passati al governo. Insomma, riecco il vento indipendentista. «Dobbiamo tornare a essere barbari» ha puntualizzato Maroni anche lunedì sera, in una sala della Provincia di Milano gremita e con gente costretta fuori. Resta da capire come conciliare questi obiettivi con l’esigenza di non rompere col Pdl, soprattutto in vista delle Amministrative dell’anno prossimo. L’oggettiva separazione a Roma, con gli azzurri che hanno deciso di sostenere Mario Monti, dà spazio al Carroccio per smarcarsi e provare a svuotare i serbatoi berlusconiani sopra il Po. Il Cavaliere, però, è tranquillo. Se i colonnelli leghisti invocano la rottura, l’ex premier sa che può contare su Bossi. Umberto è poco convinto di rompere con l’ex premier: «Resta un amico» ha detto pochi giorni fa. E infatti si vedranno venerdì. Fatto sta che il Cavaliere e Maroni (ancora lui!) si sono incontrati ieri, alla presentazione del libro di Angelino Alfano. «Noi siamo all’opposizione, voi in maggioranza. Quindi l’alleanza è finita qua, ma non sul territorio» chiosa l’ex titolare dell’Interno. Replica di Berlusconi: se davvero ci separassimo, alle Amministrative «perderemmo tutti i capoluoghi di provincia. Nessuno di noi potrà mai fare una cosa così insensata». E poi: «La Lega rimarrà nostra alleata». Maroni sorride, sussurra un «così così», Silvio assicura: «Fanno gli spiritosi ma restano nostri alleati». Il leghista insiste: «Non sono nelle condizioni di dire se tra un anno la Lega e il Pdl saranno alleati, da noi decidono gli organi territoriali». I due chiudono con battute calcistiche. Berlusconi: «Su Maroni faccio valere una certa superiorità fisica e il fatto che sono anche presidente del Milan...». Maroni, acceso tifoso rossonero, lo gela: «Da quando non è più al governo il Milan sta ottenendo risultati positivi...». All di là dei rapporti con Berlusconi, il Carroccio affila le armi contro Monti. Roberto Cota e Luca Zaia, governatori di Piemonte e Veneto, sono pronti a dare battaglia alla conferenza Stato-Regioni per invocare i fondi destinati al trasporto pubblico. E lunedì prossimo, ha fatto sapere Calderoli, Roberto Formigoni sarà in via Bellerio per discutere con i suoi omologhi leghisti. Una sorta di prova generale di macroregione del Nord. Con Berlusconi a palazzo Chigi, infatti, soprattutto i lumbard erano costretti ad abbassare il volume delle polemiche per non irritare l’esecutivo e in particolar modo Giulio Tremonti, pupillo di Calderoli e Bossi. di Matteo Pandini