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"Sulla camorra fa il furbetto" Paragone attacca Saviano

Dopo il blitz delle Procure lo scrittore torna ad attaccare la Lega: "Ha fatto poco". Ma cosa c'entra? (di Gianluigi Paragone)

Nicoletta Orlandi Posti
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«…E ora vorrei vedere i visi, ascoltare le parole di chi per decenni ha nascosto sotto la sabbia, ha fatto finta di niente, ha permesso che il Nord diventasse parte fondamentale dell'economia mafiosa. E chiedere: perché?». Così Roberto Saviano ha chiuso il suo commento alla maxi operazione condotta dalla procura di Milano contro la ‘ndrangheta nel settentrione italiano. Sarebbe bello se una volta tanto Saviano scendesse dall'olimpo degli dei e parlasse con noi comuni mortali; non fosse altro perché se uno pone delle domande è giusto confrontarsi sulle risposte. Siccome però Saviano non accetta alcuno scambio se non con persone che già la pensano come lui, provo a scrivergli due righe e condividerle coi tanti lettori di Libero che vivono nelle terre lombarde, inquinate dalla presenza delle mafie.Cominciamo col dire che i lombardi sanno benissimo - e non da oggi - che le mafie hanno messo radici quassù. Io stesso ricordo che nella mia Varese cominciammo a sentir parlare della mafia calabrese già dalla metà degli anni Settanta, quando episodi allora sconosciuti in provincia di regolamenti di conti e di sequestri di persona debuttavano sulle prime pagine della Prealpina, il quotidiano locale. Fu nel '74 che la famiglia Zagari si prese un ragazzino di 17 anni, Emanuele Riboli, e non lo restituì mai più alla famiglia. E poi altri sequestri, altri omicidi (se non ricordo male accopparono pure un figlio di don Raffaele Cutolo che soggiornava nel Varesotto), giri di appalti sporchi e via fino ad arrivare alla maxi operazione degli anni Novanta nota come Isola felice. Ho detto di Varese per citare episodi che conosco da vicino. Avrei potuto raccontare di casi simili in altre province. Oppure in Milano, la ricca Milano dei grandi appalti. Già, perché laddove girano i danée la possibilità di affari sporchi c'è eccome. Ora domando a Saviano: cosa dovrebbe fare il cittadino lombardo? Egli scrive infatti: «Io non ho mai detto né pensato che il Nord sia mafioso, naturalmente. Ma bisogna riconoscere che, oltre le fiaccolate contro il soggiorno obbligato e qualche iniziativa simbolica tesa ad aumentare la repressione, gran parte della politica e della cultura del settentrione (con alcune fortunate eccezioni, per fortuna) è stata silente sul potere delle cosche». Non capisco, caro Saviano. Non capisco perché in Campania o in Sicilia o in Calabria una fiaccolata o una qualche manifestazione simbolica ha senso ed è salutata come una rivoluzione, mentre un fatto analogo a Milano o a Bergamo dovrebbe essere poca roba. Cornuti e mazziati: non solo il Nord si è ritrovato trapiantato un fenomeno malavitoso a sé estraneo ma quando lo respinge con comportamenti pubblici non fa abbastanza.  Sia chiaro: la stragrande maggioranza delle persone lombarde quando vede un malavitoso arrestato dalle forze dell'ordine sta senza dubbio dalla parte degli agenti. Altrove non sempre. E se vedesse un guappo scippare un orologio o una borsa a una persona, non copre la fuga del guappo né tantomeno si scaraventa addosso al malcapitato. Insomma, affermare -  come scrive Saviano -  che si è permesso che il Nord diventasse parte fondamentale dell'economia mafiosa è scorretto. Nel Nord ci sono circuiti illegali, c'è riciclaggio di denaro sporco, ci sono lavanderie: e chi lo nega? Ciò non significa né accettarlo né essere complici, nemmeno culturalmente. Se Saviano saluta le indagini della procura e delle forze dell'ordine positivamente, lo facciamo anche noi: la lotta alle mafie appartiene a tutti. Il successo imprenditoriale del Nord è sano! Infine Saviano ricorda il suo scontro con la Lega e con Maroni alla trasmissione “Vieni via con me” e sembra ascrivere il successo della maxi operazione a sostegno della propria tesi. La Lega - dice in soldoni - avrebbe dovuto fare di più. Ma che significa? La Lega è un partito politico: se Saviano ha elementi per dire che tizio o caio sono collusi, lo dica e se così fosse toccherà alla magistratura accertare i fatti. Ma attribuire alla Lega - per il solo fatto di essere un partito fortemente territoriale - le responsabilità dell'economia illegale è una sciocchezza. Sarebbe come dire che se una azienda con sede a Varese che fattura legalmente una montagna di euro perché ha avuto un'idea geniale, il successo è della Lega perché questo partito è forte a Varese. Ha senso? Secondo me no. Magari mi sbaglio. Sarebbe bello se Saviano ne volesse discutere con noi. di Gianluigi Paragone

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