L'Europa contro la Merkel: "Stai distruggendo l'euro"

Giulio Bucchi

Cara Angela, non c'è più tempo, qua si rischia la catastrofe. Firmato: Nicolas Sarkozy. Il messaggio forte e chiaro alla Merkel il presidente francese lo manda all'avvio dei lavori della riunione del Ppe a Marsiglia, poco prima di partire per Bruxelles dove oggi, giovedì 8 dicembre, inizia la due giorni "salva-euro". In conferenza stampa, Sarkò chiarisce che il vertice salva-euro è tutt'altro che "inutile", come aveva incautamente suggerito un funzionario di Berlino. "Ci restano solo due settimane per decidere sull'Eurozona, perché il tempo corre contro di noi", ha ribadito Sarkozy, doppiando di fatto quanto detto dal suo ministro per gli Affari europei Jean Leonetti, secondo cui l'euro "può esplodere", provocando una "catastrofe per tutto il mondo". "Ho il coraggio di dire che dobbiamo rifondare e ripensare l'Europa. Perché se non abbiamo il coraggio di farlo, le cause produrranno sempre gli stessi effetti". Il punto-chiave è ratificare l'accordo tra Francia e Germania, già sigillato in via ufficiosa la scorsa settimana. Arrivare al vertice Ue di questa sera senza quell'accordo "significa rendere impossibile un'intesa per tutto il resto d'Europa ed è un lusso che non possiamo permetterci". E così, mentre il premier Mario Monti trova la sponda degli Stati Uniti incontrando a Milano il segretario al Tesoro Usa Tim Geithner, è sempre più evidente che il futuro dell'eurozona passerà da Angela Merkel. Monti e il ricatto di Bruxelles. Pietro Senaldi su LiberoTv La Merkel deve mollare - L'appello, o meglio l'ultimatum, è rivolto alla Cancelliera tedesca, da cui negli ultimi mesi sono arrivate soltanto chiusure sui provvedimenti che potrebbero salvare l'Europa. Stretta tra esigenze elettorali e dal malconento del popolo tedesco che non vuole pagare per aiutare i Paesi in difficoltà, da Angela sono arrivati i no sugli eurobond (la Merkel ha convinto anche Sarkò a sposare la posizione), mentre sugli aiuti alla Grecia, agli incentivi al fondo Salva-Stati e sulla possibilità di riformare la Bce viaggia col freno a mano tirato. Così anche l'alleato Sarkozy è costretto a soffiare sul fuoco dell'emergenza sottolineando che "se non raggiungeremo un accordo venerdì al vertice Ue di Bruxelles non ci sarà una seconda possibilità". Secondo il presidente francese "senza un accordo tra Francia e Germania non c'è nessuna possibilità di intesa tra gli altri Paesi Europei". Merkel: "Possibile vertice eurozona" - La Merkel, da par suo, continua a spendersi in buone parole senza però offrire appigli per trovare una soluzione. "L'euro ha perso credibilità ed è necessario che ritorni ad averne. Per questo - ha spiegato la Cancelliera da Bruxelles - bisogna che i 17 Paesi dell'eurozona prendano una posizione chiara per un futuro di sorveglianza, stabilità e unione fiscale". Al suo arrivo al summit, Angela ha annunciato "un probabile" vertice dell'Eurozona convocato oltre a quello dei capi di Stato e di governo della Ue. La Cancelliera ha aggiunto che per ritorvare credibilità serve "una disciplina comune di bilancio prevista dai trattati Ue", e si è poi detta convinta che "troveremo delle buone soluzioni a tutte queste questioni", anche se, ha sottolineato, "la discussione di oggi e domani sarà difficile". Il punto è che "risolvere la crisi sarà un processo lungo perché oggi ci ritroviamo a dover superare il risultato di errori e sviluppi accumulati negli anni, per questo ci vorrà del temo. Tutti - ha concluso - vogliamo superare questa crisi, ma vi chiedo pazienza e comprensione, soprattutto per chi non ha scelto l'euro o non lo ha ancora adottato". L'accordo a 17 - L'asse Merkozy, come ha spiegato il presidente transalpino, vuole restare al comando, ma le tensioni all'interno della cabina di guida duale crescono: la situazione è al limite. "Se un accordo tra i 27 Paesi  non sarà possibile - ha aggiunto Sarkò -, allora si faccia un'intesa tra i 17 Stati dell'Eurozona". Il progetto di un piano a 17 con l'opzione per gli altri 10 Paesi Ue fuori dalla moneta unica è la soluzione prospettata anche dalla Merkel. Il rischio derivante da questa operazione è la resistenza che potrebbe opporre la City londinese, pur fuori dalla moneta unica, ma da cui operano alcuni dei poli finanziari in grado di spostare l'equilibrio dei mercati: se si sentissero tagliati fuori, l'attacco potrebbe essere duro da respingere. I punti della discussione - Per quel che concerne le declinazioni di questo 'patto a 17 con opzione', sono due i punti nodali al centro delle discussioni del summit di Bruxelles. Il primo, la riforma dei Trattati, prevedendo in particolare sanzioni automatiche per quei Paesi che non rispettano il parametro del 3% per quel che riguarda il rapporto deficit/Pil. Il secondo punto riguarda il vero e proprio muro da erigere a difesa della moneta unica. Diverse le opzioni su cui discutere, e tra queste sicuramente un nuovo quadro comune che permetta maggiore convergenza tra i Paesi su temi come lavoro e fisco e un apertura alla strada che conduce alla tassazione delle rendite finanziarie (sulla quale è arrivato l'ok anche di Mario Monti); inoltre si discute sull'anticipare al 2012 l'entrata in funzione dell'Esm, il meccanismo di stabilità finanziaria che sostituirà il fondo salva stati Esfs (la Merkel però, al solito, si è messa di traverso chiudendo all'ipotesi di combinare le risorse dei due fondi). L'ultimo appello - In ballo, come scrive Davide Giacalone su Libero in edicola oggi, giovedì 8 dicembre, c'è il futuro di un continente e di una filosofia politica. "L'Europa si gioca la pelle - sottolinea Giacalone -. Se la salverà lo farà a dispetto dei cittadini europei, in gran parte delusi, se non direttamente avversi". C'è da capire il futuro della moneta unica, divisa senza identità e unità politica. "Dobbiamo tornare indietro e decidere: o ammettiamo d’avere sbagliato, che la moneta unica fu presunzione e incompetenza - conclude Giacalone -, oppure ne traiamo le conseguenze politiche e ci gettiamo verso la vera federazione, rinunciando a molta della sovranità nazionale". Di tutti, però, non di alcuni. Quella in corso è una guerra, che in altri tempi si sarebbe combattuta con le armi. Fermarla è l’unico modo per vincerla. Guardo al mio Paese, purtroppo, e mi dispero all’idea che si sia giunti a questo appuntamento con la storia senza nulla che somigli alla grandezza e alla dignità della politica. Né tale è quella dei tromboni europeisteggianti, che hanno passato una vita a battersi contro l'Europa".