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Perugia, i giudici su Amanda: confessioni non spontanee

Omicidio Meredith, la Corte d'Appello: "Contro Knox e Sollecito nessuna prova di colpevolezza". L'americana "subì pressioni"

Lucia Esposito
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Manca la "prova di colpevolezza" per Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Così i giudici della Corte d'Assise d'Appello di Perugia ha motivato la sentenza di assoluzione in secondo grado per i due ragazzi accusato di aver ucciso l'inglese Meredith Kercher nel novembre 2007. Nelle 144 pagine che dovevano essere depositate entro il 3 gennaio prossimo, i giudici sostengono che "gli unici elementi indiziari che rimangono fermi (consumazione del reato di calunnia verso Patrick Lumumba, ndr) non consentono neanche nel loro insieme di pervenire a ritenere comprovata in qualche modo la colpevolezza" della Knox e di Sollecito. La giovane americana sarebbe stata in una certa misura indotta ad accusare Lumumba a ridosso dell'omicidio di Mez. Scrivono infatti i giudici: "Per valutare la reale portata delle dichiarazioni 'spontanee' e del memoriale scritto praticamente subito dopo, occorre tenere conto del contesto nel quale sono state rese le prime e redatto il secondo". "La durata ossessiva degli interrogatori - spiegano i giudici -, portati avanti di giorno e di notte, condotti da più persone nei confronti di una ragazza straniera, che all'epoca non comprendeva né parlava affatto la lingua italiana, ignara dei propri diritti, privata dell'assistenza di un difensore, rende del tutto comprensibile che ella si trovasse in una situazione di notevole pressione psicologica- che definire stress appare riduttivo - tale da far dubitare della effettiva spontaneità delle dichiarazioni".

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