In Azzurro chi ha denunciato Spottone ipocrita: demagogia

Andrea Tempestini

Era stato ventilato, ora è confermato: il ct dell’Italia Cesare Prandelli ha convocato in nazionale Simone Farina, il difensore del Gubbio che lo scorso 30 novembre rifiutò 200mila euro dall’ex compagno Zamperini per alterare la gara di Coppa Italia Gubbio-Cesena, denunciando il fatto alla giustizia sportiva. Farina parteciperà così al ritiro azzurro di Coverciano a fine febbraio, preparazione della sfida amichevole Italia-Usa in vista degli Europei 2012. Segue il pensiero di Martino Cervo ("la convocazione è uno spottone demagogico") a cui risponde Alessandro Dell'Orto ("Sto con Prandelli, un gesto coraggioso: complimenti"). Simone Farina ha avuto un merito - per quanto sappiamo dagli scampoli di inchiesta di Cremona - e una fortuna strana. Il merito è, da quel che è emerso finora, di aver non solo rifiutato una combine offertagli, ma di aver contribuito a far scoppiare il bubbone. La fortuna è di aver avuto accanto dei presunti farabutti, i quali (secondo l’accusa) di pastrocchi indecenti sul pallone ne hanno fatti parecchi. Poi però ci sono tutti i Simone Farina d’Italia, che non hanno occasione di distinguersi perché non hanno di fianco degli indagati. Non vestiranno mai l’azzurro, e il paradosso è che conviene trovarsi con un tipo (presunto) losco nei paraggi, così si nota la differenza. Il gesto di Cesare Prandelli (convocazione «non tecnica» l’ha chiamata: ci mancherebbe altro, ma non lo dica a Monti) è in linea con l’immagine «sobria», «etica», umile e - in attesa di competizioni vere - tutto sommato vincente degli azzurri,  da ricostruire dopo il disastro del Lippi-bis. Difficile però non vedere nello spottone natalizio la tentazione di fare della divisa lo specchio dei canoni della moralità pubblica. Roba che storicamente funziona peggio della difesa in Sudafrica 2010. Il problema non è il biondo Farina: è vero che per far bene contano i testimoni e non i discorsi. Ma a una squadra è chiesto di fare un gol più degli altri, non di esibire i più puri. Anche perché se il criterio fosse quello, al Mondiale del «poo-po-pò-ppo-po-pooo-poo» i retrocedenti juventini inguaiati in Calciopoli non sarebbero neanche dovuti andare, e invece. Vogliamo tornare indietro? Al Paolo Rossi dell’82, coinvolto proprio in un giro di scommesse prima del Mundial? Lo spread tra l’«operazione simpatia» e i risultati delle spedizioni azzurre non serve a fare l’apologia dell’eroe dal passato (o presente) torbido, ma quantomeno a evitare di mescolare i piani in ossequio all’ondata sentimentale di elogio al «giusto» di turno. Una nazionale trasformata in Italia dei Valori prima o poi genera i suoi Cristiano Di Pietro. di Martino Cervo