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Una fine dell'anno da incubo Euro ai minimi, prestiti pure

Moneta unica chiude a 1,28 sul dollaro: colpa della sfiducia nell'Europa. Ma la montagna di soldi resta nelle banche

Andrea Tempestini
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Oltre 330 milioni di persone di 17 diversi Paesi utilizzano l'euro. Lo ha ricordato ieri il governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, durante il suo discorso commemorativo sui 10 anni della moneta unica. Mentre parlava, il cambio con il dollaro scendeva sotto quota 1,3 e toccava i minimi da oltre un anno, a 1,28. Sarà stato forse la persistente sfiducia verso il Vecchio continente a causare questo scivolone, iniziato di fatto dallo scorso aprile e che fa sembrare lontano anni luce il 2008, quando con un euro si compravano quasi 1,6 dollari. Oppure una politica più accomodante degli Stati Uniti, che per anni ha fatto di tutto per mantenere il biglietto verde “sotto tono” in modo da spingere le esportazioni. Con l'euro  a buon mercato, è vero, le nostre imprese che vendono i loro prodotti negli Stati Uniti hanno buoni vantaggi. Ma nel complesso il Vecchio continente potrebbe pagare caro l'indebolimento della moneta unica. Il petrolio, tanto per dirne una, si paga in dollari e grandi capitali potrebbero essere attratti da un Paese che maggiori prospettive di crescita, con una moneta forte, anche se poco remunerata. Per l'euro non è ancora allarme rosso (al debutto, il suo peso verso il biglietto verde era presso che invertito e, per anni, ce la siamo cavata egregiamente) ma è la tendenza che preoccupa. E non è l'unica notizia diffusa ieri ad essere poco confortante. C'è anche quella sui mutui. Secondo i dati Crif, a novembre sono crollate le richieste di finanziamento alle banche dei cittadini italiani: il 46% in meno secondo lo stesso periodo dello scorso anno. Per la società che ha elaborato il dato, questo confermerebbe la nostra anima da formica: in mancanza di prospettive chiare si preferisce rinunciare agli acquisti a debito, casa in testa. Ma c'è un fattore che non viene preso in considerazione: il ricatto delle banche al richiedente. Gli istituti di credito, pur avendo in cassa un buon numero di contanti, non lo presta. Allo sportello, il cliente che chiede un mutuo o un prestito si sente dire anche questo: meglio non farlo, se viene negato, com'è probabile visti i tempi, il rifiuto viene trascritto e inserito nella banca dati (proprio della Crif, tra l'altro); un brutto precedente, meglio soprassedere.  Che le banche prediligano nuotare nei contanti è ormai chiaro. I tempi sono brutti per tutti, ci mancherebbe, solo che così facendo soffocano l'economia reale: niente soldi vuol dire niente acquisti o investimenti. La prova provata è la quantità di moneta che le banche europee preferiscono parcheggiare nei depositi overnight della Bce piuttosto che prestarli: mercoledì si è toccato il record di 452 miliardi di euro. Di ieri la notizia che la moneta ferma nei depositi è aumentata molto di più di quella prestata. E così all'Istat, il nostro istituto di statistica, non resta altro che fotografare un disastro: un italiano su quattro è a rischio di povertà o di esclusione sociale, e aumenta soprattutto per i giovani tra i 18 e i 24 anni. E poi: a dicembre scende ancora, a 92,5   dal 94,0 del mese scorso, l'indice   del clima di   fiducia del settore manifatturiero. Un bollettino di guerra. Le banche hanno promesso di intervenire, allargando i cordoni della borsa. Ora tocca ai fatti. di Antonio Spampinato

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