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P3, chiesto rinvio a giudizio per Dell'Utri e Verdini

Inchiesta romana, onorevoli del Pdl accusati di associazione segreta. Venti persone coinvolte, c'è governatore sardo

Giulio Bucchi
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Venti rinvii a giudizio. E' la richiesta della procura di Roma a conclusione dell'inchiesta sulla P3: tra i nomi celebri il coordinatore del Pdl, Denis Verdini, il senatore Marcello Dell'Utri, e a vario titolo altre 17 persone. I reati contestati sono quelli di violazione della legge Anselmi sulle società segrete e associazione per delinquere. Tra le persone mandate a processo anche Flavio Carboni, l'uomo d'affari al centro dell'inchiesta, e l'ex giudice tributario Arcangelo Martino. Secondo i pm il sodalizio era impegnato "a realizzare una serie indeterminata di delitti di corruzione, abuso d'ufficio, illecito finanziamento dei partiti, diffamazione e violenza privata". Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il pubblico ministero Rodolfo Sabelli hanno tirato le somme della clamorosa indagine che ha rivelato una serie di imbarazzanti situazioni e qual era l'obiettivo della P3, cioè quello "di condizionare il funzionamento degli organi costituzionali". Il filone principale - Dal fascicolo principale dell'inchiesta è stata stralciata la posizione dell'ex sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, inizialmente coinvolto nell'indagine ma risultato poi completamente estraneo ai fatti tanto che per lui è in arrivo una richiesta di archiviazione. Al vertice e ai partecipanti del sodalizio denominato P3 i magistrati contestano l'accusa di associazione per delinquere   ritenendoli responsabili di aver organizzato una fitta rete di conoscenze nei settori della magistratura, della politica e dell'imprenditoria anche attraverso l'attività di promozione di convegni e incontri di studio e una associazione culturale denominata Centro studi giuridici per l'integrazione europea-diritti e libertà". A gestirla secondo la Procura della Repubblica di Roma, sarebbero stati Carboni, Lombardi e Martino.   Capitolo Cosentino - Accanto a questo filone principale ce n'è un altro che a vario titolo è entrato nell'indagine. Si tratta in particolare di quello che riguarda Nicola Cosentino, accusato di diffamazione e violenza privata nei riguardi di  Stefano Caldoro, per aver, secondo l'accusa, tentato di indurlo a ritirarsi dalla competizione elettorale che poi lo ha visto essere eletto governatore della Campania, del deputato del Pdl Massimo Parisi, imputato per finanziamento illecito dei partiti, del governatore della Sardegna Ugo Cappellacci, accusato di abuso d'ufficio, dell'ex primo presidente della Cassazione Vincenzo Carbone, imputato di corruzione, e di Ernesto Sica, imputato di violenza privata e diffamazione sempre nei riguardi di Stefano Caldoro. Le accuse - Nei capi di imputazione vengono tra l'altro ricordati una serie di fatti illeciti contestati alla P3. Tra questi il tentativo di influenzare la Corte Costituzionale a proposito del giudizio sul Lodo Alfano, l'intervento al Csm per pilotare l'assegnazione di incarichi direttivi, gli interventi sulla Corte di cassazione per risolvere in una certa maniera il cosiddetto Lodo Mondadori, il tentativo di screditare il candidato Caldoro al governo della Campania nonchè l'intervento a Milano in favore dell'accoglimento di un ricorso riguardante la lista 'Pro Lombardià di Roberto Formigoni. Gli altri rinvii a giudizio - Tra le altre persone rinviate a giudizio Fabio Porcellini e Alessandro Fornari (imprenditori indicati come finanziatori), Ignazio Farris (presidente di Arpa   Sardegna), Pinello Cossu (presidente del consorzio Tea impegnato nell'attività di risanamento ambientale), Marcello Garau (dirigente Tea), Antonella Pau (indicata come prestanome di Carboni), Maria Scanu Concas (moglie di Carboni e sua prestanome), Stefano Porcu (direttore di banca), Giuseppe Tomassetti (prestanome di Carboni) e Pierluigi Picerno (imprenditore e indicato come finanziatore).

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