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Londra minaccia la Scozia "Senza di noi, vi tocca l'euro"

Edimburgo vuole referendum su devolution ma Cameron risponde: Votate solo se restate nell'Unione, altrimenti niente sterline

Lucia Esposito
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Più che il novello Braveheart, come qualcuno ha scritto nel Regno Unito e all'estero, il primo ministro scozzese, Alex Salmond, pare un politico scaltro e capace di ricorrere anche a un pericoloso bluff pur di portare a casa nuovi fondi e poteri per il governo di Edimburgo. Mentre cresce lo scontro politico con Londra sulla proposta di indire un referendum entro il 2014 sulla secessione della Scozia dal resto della Gran Bretagna, si capisce quali siano i reali interessi dietro questa polemica. Il premier britannico, tramite il suo portavoce, ha fatto intendere al suo rivale a Nord dell'Isola che, in caso di separazione la nuova Scozia dovrebbe abbandonare la sterlina e gettarsi tra le braccia insicure dell'euroona, acquisendo la moneta unica. Solo questo basta per far venire i brividi agli scozzesi che vedrebbero i loro conti pubblici fortemente indeboliti. Poi ci sono tanti altri interrogativi del tutto aperti, come spiega la stampa britannica. Il debito verrebbe diviso fra i due Paesi, e soprattutto la Scozia non riceverebbe più i copiosi aiuti di Londra per i suoi servizi pubblici. Altre incognite riguarderebbero la difesa e altre risorse condivise fra Gran Bretagna e Scozia, per non parlare poi delle conseguenze sulla monarchia. In realtà Salmond e il suo Scottish National Party (Snp) vogliono quella che in Italia è ben conosciuta come soluzione altoatesina: nel Südtirol le tasse vengono investite a livello locale, c'è una forte indipendenza amministrativa, ma Roma poi sostiene i costi - della Difesa per esempio ma non solo. Il “trucco” però è stato scoperto da Cameron, che non è certo nato ieri e ha già dettato le condizioni di Londra. La consultazione, da tenere «il prima possibile», dovrà essere limitata a una domanda diretta sul sì o no alla secessione, escludendo quindi l'opzione intermedia di chiedere se gli elettori preferiscano un maggior conferimento di poteri al parlamento scozzese. Scherzando il premier ha perfino detto che questo non è un «referendum» ma un «neverendum», gioco di parole per dire che gli scozzesi non ci penserebbero proprio a chiudere con Londra. Salmond, invece, ha risposto, puntando tutto sull'autodeterminazione di Edimburgo, che sarà il parlamento scozzese a decidere modi e tempi. Per ora l'unico vero effetto politico è un'insolita alleanza fra i tre maggiori partiti britannici, Tory, Labour e Lib-dem, tutti insieme nel difendere l'Unione. Il leader laburista, Ed Miliband, ha dichiarato che Inghilterra e Scozia sono «più forti se unite, più deboli se separate». Affermazione che Cameron ha detto di condividere «al 100 per 100». Il premier si è poi definito un «fan appassionato» dell'Unione e «triste» anche solo per il fatto che si sia fatta largo l'ipotesi dell'indipendenza. C'è però ben poco da temere: gli scozzesi non vogliono la secessione. Nonostante la straordinaria vittoria elettorale dell'Snp, solo il 32% degli elettori col kilt vorrebbe allontanarsi totalmente dal resto del Regno, il nove per cento in più rispetto all'anno scorso. Ma se agli scozzesi gli tocchi il portafoglio le cose cambiano... di Alessandro Carlini

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