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Liberalizzare le banche, ecco quanto spenderemmo in meno

Per il conto spendiamo più del doppio di media Ue. La stortura delle commissioni e delle assicurazioni sui mutui

Andrea Tempestini
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Negli ultimi giorni sono circolate diverse bozze del decreto liberalizzazioni, prossimo step del governo di Mario Monti. Nessuno dei testi è stato confermato dall'esecutivo, ma nelle differenti versioni sono balzate all'occhio delle macroscopiche mancanze: l'ipotesi di mettere mano al mercato di banche, assicurazioni e gas non pare essere nemmeno presa in considerazione. "Difficile che un governo dei banchieri decida di toccare il sistema bancario", commenta tagliente Elio Lannutti, storico presidente di Adusbef (Associazione difesa utenti servizi bancari, economici, finanziari). Si toccheranno invece taxi, edicole e farmacie. E qui una domanda sorge spontanea: per una famiglia pesa di più risparmiare qualche euro sul taxi, conta di più fare la spesa nel cuore della notte oppure calmierare i costi bancari? Domanda retorica e risposta scontata, poiché i costi dei servizi finanziari sono ineludibili: tutti, nessuno escluso, li devono affrontare. Tre punti - Nella pluricitata classifica delle liberalizzazioni, dove il valore 100 equivale al top, va sottolineato che nel settore "servizi finanziari" l'Italia arriva a quota 69 (il 100 appartiene alla Svizzera). Ovvero, quello dei servizi finanziari secondo le classifiche è il secondo mercato più liberalizzato del Belpaese. Eppure le storture restano evidenti. Un dato su tutti: secondo una rilevazione della Cgia di Mestre, dal 1993 al novembre del 2011 la spesa sostenuta dalle famiglie per i servizi finanziari è cresciuta di 921 euro: ogni anno un nucleo ha speso 58 euro in più. Complessivamente l'aggravio è stimato in 22,1 miliardi di euro. Valori assolutamente sproporzionati rispetto all'incremento del costo della vita: motivo per il quale la liberalizzazione dei servizi bancari deve essere presa in considerazione. Ma cosa significa liberalizzare le banche? Essenzialmente si intendono tre principali campi sui quali agire: la stortura delle vendite delle assicurazioni sui mutui contestualmente al mutuo; le commissioni interbancarie; i costi di gestione dei conti correnti. Per tutti questi settori il problema, per il consumatore, consiste nella sostanziale mancanza di trasparenza. "Servono meccanismi competitivi" - Partiamo dal capitolo delle assicurazioni dei mutui, che Lanutti non esita a definire un "pizzo delle banche" dal quale gli istituti guadagnano "ogni anno oltre 3 miliardi per i 500-600 mila mutui che vengono accesi". L'Antitrust è intervenuta sul tema sottolineando la necessità di disciplinare "il conflitto tra le attività di intermediazione delle polizze assicurative e le attività di finanziamento da parte delle banca beneficiaria della polizza". La prima manovra di Monti ha bollato come scorretta la vendita obbligatoria delle polizza insieme al mutuo, ma il problema non verrà risolto fino a quando non si interverrà con decisione sulla trasparenza. Facciamo un esempio banale, ma calzante: se a uno sportello della banca X chiedessimo informazioni sulle polizze rilasciate dalla banca Y non otterremmo la minima informazione. Così, nonostante il provvedimento contenuto in manovra, l'Antitrust ("che in Italia, a differenza dell'organismo di controllo di Bankitalia, è una cosa seria", sottolinea Lannutti) ha ribadito "la necessità di separare il ruolo della banca come beneficiario della polizza dalla funzione di intermediario della stessa polizza, escludendo che tali due posizioni confliggenti (che vedono l'intermediario collocare una polizza a suo vantaggio) possano essere contestualmente assunte". In soldoni deve essere scisso il mercato dei mutui e delle assicurazioni "e un cliente non deve essere costretto a sottoscriverli contemporaneamente". Secondo l'Antitrust la separazione dei mercati introdurrebbe "meccanismi competitivi nell'offerta dei singoli prodotti che nell'attuale abbinameto devono costi di intermediazione significativamente elevati". La scissione dei mercati si tradurrebbe in un risparmio per i clienti. Spese doppie rispetto alla Ue - Il secondo capitolo dei servizi finanziari riguarda i costi di gestione dei conti correnti e le commissioni interbancarie. Partendo dai costi di gestione del conto un dato è esemplificativo: nell'Europa a 27, la spesa media all'anno è di 114 euro; in Italia invece, secondo quanto rilevato dalla Commissione europea, si spendono in media 246 euro, più del doppio. E dati alla mano, è allo sportello che gli italiani subiscono il salasso peggiore. In questo secondo caso è paradigmatico l'esempio di quanto accaduto tra il 2010 e il 2011: secondo le rilevazioni di Bankitalia, nell'arco di 12 mesi il costo di un bonifico via internet è passato da 0,45 euro a 1 euro (incremento del 122%); il pagamento utenze con il bancomat è passato da 0,33 euro a 0,6 euro (incremento dell'82%); il prelievo in contanti allo sportello è schizzato da 0,75 a 1,41 euro (incremento dell'88%). Secondo la stima complessiva della Cgi di Mestre, per le famiglie si è trattato di un incremento di spesa pari a 260 euro l'anno. Anche in questo caso è intervenuta l'Antitrust spiegando di ritenere necessarie modifiche ai criteri di definizione delle commissione interbancarie. Un provvedimento ancor più necessario ora che il governo Monti ha abbassato a mille euro il tetto per il pagamento in contanti: come logica conseguenza aumentaranno le transazioni elettroniche, e a guadagnarci saranno le banche. Se Bankitalia è delle banche - Le liberalizzazioni che potrebbero andare a calmierare le commissioni interbancarie, insiste l'Antitrust, devono "prevedere l'eliminazione di qualunque riferimento a prezzi (massimi o minimi) relativi alle commissioni applicate dagli esercenti". Lannutti puntualizza: "I costi minimi e massimi devono essere aboliti. E' ovvio che se vengono stabiliti per legge le banche tenderanno ad allinearsi verso i massimi, formando un vero e proprio cartello a danno dei consumatori". Per quel che riguarda i conti correnti il problema risiede sempre nella scarsa trasparenza: la chiarezza delle condizioni poste da una banca e la possibilità di un confronto agevolato tra le condizioni poste dagli istituti. Secondo Lannutti il problema della concorrenza, però, alle attuali condizioni è pressoché irrisolvibile, poiché a fronte di un'Antitrust attenta, le sanzioni e la vigilanza sono delegate a Bankitalia, che dovrebbe verificare la conformità dei comportamenti degli istituti alle circolari dell'Abi, l'Associazione dei Bancari italiani (l'Abi, interpellata, ha risposto che "visto che il dibattito è ancora in corso non valutiamo intevenire sull'argomento). "Ma Unicredit e Intesa (le due principali banche italiane, ndr) hanno il 66% di Bankitalia. Come è possibile credere che Palazzo Koch possa vigilare sugli istituti se appartiene agli istituti stessi - si interroga Lannutti -? Esiste da due anni una legge che dovrebbe risolvere la situazione, ma non è mai stata applicata. Serve una finanza che non vada a braccetto con i controllori". di Andrea Tempestini

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