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Impiccato il killer della bimba L'ombra della vendetta cinese

Trovato morto uno dei magrebini ricercati per il duplice omicidio di Tor Pignattara. Suicidio oppure è arrivata prima la mafia?

Nicoletta Orlandi Posti
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Domenica pomeriggio il medico legale non ha avuto dubbi: lo straniero trovato impiccato in un casolare al chilometro 14 di via Boccea, periferia di Roma, si è suicidato. Due giorni fa, però, il dottore non sapeva ancora di chi fosse quel corpo. Il patologo ignorava che appeso a una trave del capannone in disuso fosse Mohammed Nasiri, maghrebino di 30 anni, ricercato per l'omicidio di Zhou Zheng, il commerciante cinese di 31 anni, e della figlioletta Joy, di 9 mesi, colpita il 4 gennaio scorso  alla testa dallo stesso proiettile che aveva appena trapassato e freddato sul colpo il genitore. Scoperta l'identità della vittima, ieri sera, l'ombra della vendetta cinese ha oscurato tutte le altre ipotesi. Adesso serve l'autopsia. Adesso è necessario capire se l'uomo si sia tolto la vita o se sia stato ucciso da qualcuno che voleva vendicare la morte della piccola Joy.  Nel quartiere dove le vittime abitavano, dove sono state uccise e dove da pochi giorni è tornata la giovane donna rimasta vedova e senza la figlioletta, sono sicuri che «la mafia cinese sia arrivata prima dei carabinieri». A Torpignattara da ieri non si parla d'altro. In un locale tra via Giovannoli, dove è rimasta da sola Lyian, la giovane vedova, e via Antonio Tempesta, all'angolo con via Casilina, dove c'è il bar di famiglia, commentano il ritrovamento del corpo del magrebino con lucidità: «Secondo me è stato un delitto su commissione», dice uno, «se l'hanno trovato impiccato è stata la mafia cinese anche secondo me», gli fa eco un altro». Pochi, invece, coloro, che come Glauco pensano che «ci sia poco da ipotizzare, è stato un atto disperato di un uomo braccato». Sono solo i cinesi a non lasciarsi andare a commenti. Dalla comunità trapela una piccola indiscrezione sulla reazione della famiglia. «Siamo sempre afflitti dal dolore e speriamo che ora catturino l'altro assassino», avrebbero detto, «ma la notizia ci ha dato un certo sollievo». Il corpo del 30enne magrebino è stato trovato sabato pomeriggio da alcuni ragazzi che stavano giocando a soft-air, la guerra finta con le munizioni di vernice. Il gruppo aveva scelto come teatro della battaglia un capannone in disuso lungo la via Boccea. In una delle appendici, forse una vecchia stalla, si sono trovati improvvisamente di fronte al corpo dell'uomo. Chiamati il 112, i carabinieri sono arrivati sul posto con il medico legale, che ha parlato di suicidio dopo l'esame esterno del corpo (senza però sapere chi fosse e, soprattutto, ignorando che qualcuno poteva volere quella persona morta). In un primo momento, inoltre, l'uomo non sembrava di nazionalità nordafricana. Si pensava fosse uno straniero dell'Est Europa. Solo ieri sera, comparate le impronte digitali con quelle nello schedario delle forze di polizia, si è scoperto che  il cadavere era di uno dei killer di Joy e del papà.   L'uomo era stato più volte identificato da polizia e carabinieri, ai quali aveva fornito diverse generalità. Controlli scattai per routine o al termine di processi per reati contro il patrimonio, ricettazione e furto commessi, che hanno permesso di dare un nome a Nasiri. Il procuratore vicario Giancarlo Capaldo ieri ha condotto un vertice in procura. Per prima cosa sono state disposte l'autopsia del corpo e l'analisi del cellulare che è stato trovato addosso al cadavere. La speranza è che quell'utenza, intestata a un'altra persona residente fuori Roma, fornisca elementi utili a rintracciare il connazionale di Nasiri, il 20enne con il quale due settimane fa il magrebino aveva ucciso padre e figlia per rubare la sacca con i 16mila euro del money transfer che gestiva. Roberta Catania

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