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Grecia, è tempo di rottamare: così Atene prepara la rivolta

Viaggio nella macelleria sociale ellenica, tra paghe dimezzate, case senza riscaldamento e spesa nei cassonetti

Giulio Bucchi
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Grecia, è tempo di arance. Anche ad Atene, per strada, basta allungare una mano e ne prendi una bella matura e perfino quasi profumata. Certo le arance ci sono, ma ad Atene non è questo il momento per lasciarsi andare a vezzi bucolici. La gente anziché cogliere agrumi dagli alberelli ha ben altro a cui pensare, come ad esempio, pagare le tasse sulle casa. E stiamo parlando dei più fortunati, perché quelli che lo sono un po' meno hanno l'altro, più prosaico problema di arrivare a fine mese. Per tutti gli altri invece c'è  la prospettiva della miseria. Un'esagerazione? Provate a guadagnare 1500 euro al mese, che in Grecia è considerato uno signor stipendio, e da un giorno con l'altro prenderne 750. Così, di punto in bianco. Perché questo sta succedendo in Grecia. Addio privilegi - Da Paese dove anche la figlia di un dipendente pubblico defunto percepiva una pensione in quanto “figlia di dipendente pubblico e defunto”, si è passati a Paese che da un giorno con l'altro dimezza senza preavviso anche le pensioni a chi le aveva giustamente maturate. I tagli, e che tagli, riguardano tutti, anche gli stipendi degli statali non ancora defunti, che da queste parti sono un esercito di 750 mila persone (su 4 milioni di lavoratori). Cinquanta per cento in meno a chi prende di più (si fa per dire), fino a venti a chi prende meno. Ecco cosa succede in Grecia, se qualcuno ad esempio stava pagando un mutuo di 500 euro al mese e ne guadagnava 1500 ci stava dentro, con 750 non gli resta che raccogliere arance dagli alberelli per strada, perché il resto che gli rimane se ne andrà per pagare le tasse su quella stessa casa che non è nemmeno ancora sua. Ma questa non è che una parte della popolazione, perché molti hanno perso anche il lavoro, l'amministrazione pubblica sta tagliando qualcosa come 200mila posti, le poche aziende private falliscono una dietro l'altra e quelle che sopravvivono licenziano chi prende di più e assumono personale nuovo, disperato e sottopagato. La disoccupazione ufficiale è al 18 per cento, quella reale, dicono, potrebbe essere anche il doppio. Tra quelli che frugano nei bidoni dell'immondizia non ci sono solo più gli albanesi o i pakistani, ma anche i greci. Lo fanno di notte o al mattino presto, per non essere visti. Arrivano col carrello della spesa, riempiono le bottiglie di olio o di vino coi fondi di quelle buttate. Chi può, o chi ha un po' di coraggio, se ne va dal Paese. Chi invece di coraggio non ne ha proprio ma ha un po' di soldi, li porta all'estero. Sembra che negli ultimi mesi dalle banche greche se ne siano andati sei miliardi di euro, mentre quelle estere, soprattutto svizzere, hanno fatto affari d'oro. Atene sospesa - Questa premessa non ha certo la presunzione di spiegare cos'è Atene oggi, nel gennaio del 2012, al tempo della crisi, a ridosso del quasi scontato fallimento rimediato di volta in volta con qualche cerotto che non fa altro che estendere la cancrena.  Questa somma di dati non può certo rendere l'idea dell'atmosfera di sospensione che aleggia ai piedi dell'Acropoli, come se la gente aspettasse l'arrivo di una catastrofe.  I negozi vuoti e desolati in una via a buon mercato come la centrale Aiolou, i pochi visitatori al Partenone e nei musei, i ristoranti senza clienti a Thiseio. Sembra che la gente attenda che qualcuno inneschi una scintilla, che una persona qualsiasi, magari anche un ambulante, faccia un gesto brusco, maldestro, che risvegli gli istinti rivoluzionari degli ansiosi ateniesi. Un po' come è successo a Tunisi insomma, giusto un anno fa. Sì, di questo hanno paura i politici in Grecia, il nuovo governo odiato quanto il precedente e solo poco meno della Germania e della Merkel, sempre più paragonata a Hitler nei pochi quotidiani rimasti in edicola (l'ultimo,  Elefterotipia, il secondo in tiratura, ha chiuso tre settimane fa). La polizia ha aperto gli occhi già da tempo, temono un possibile risveglio del terrorismo rosso, il gruppo del “17 novembre” ad esempio, o quelli di Epanastatikòs Agónas (Lotta Rivoluzionaria). I politici  invece temono di più i cittadini, spremuti come limoni, o come le arance che punteggiano le disadorne strade della capitale e che nessuno, nonostante tutto, vuol mangiare. I cittadini sulle spalle dei quali si sta pesantemente adagiando il fardello della scellerata politica dei governanti ellenici ma anche delle scelte inadeguate ed egoiste dell'accoppiata Merkel-Sarkozy. Euro, lira, dracma - In Italia qualcuno dice che la soluzione per la Grecia potrebbe essere quella di abbandonare l'euro e tornare alla cara vecchia dracma. Ma guai dirlo ad Atene, loro all'Europa credono ancora, ci entrarono dopo la caduta dei Colonnelli nell'81, e nessun greco ha voglia di diventare come l'Albania. Nella migliore delle ipotesi ti danno del comunista, perché in Grecia è la sinistra radicale che vuole il ritorno alla dracma. Altrimenti pensano che tu sia un evasore fiscale, che hai portato i soldi all'estero e che approfitteresti della conseguente svalutazione della nuova dracma per comprarti proprietà pubbliche a prezzi stracciati che i governanti sono già pronti a mettere sul mercato. La gallina e l'uovo - Magari anche il Partenone, visto che già è possibile affittarlo a soli 1600 euro al giorno per farci un matrimonio. Una storia vecchia ad Atene, devastata da palazzinari senza scrupoli avvallati da politicanti con ancora meno scrupoli. Come in Italia gli evasori fiscali sono una categoria ben consolidata e forse ancora più consistente che in Italia. Difficile da sradicare, sta anzi approfittando perfino della crisi. Tra un lavoro fatturato e uno senza fattura e quindi più economico, il cittadino nei guai preferirà sempre il secondo. Come dargli torto, meglio un uovo oggi che la gallina domani. Anche perché domani la gallina avrà già fatto default, e chi ti restituirà i tuoi soldi? In fondo poi il fisco continua a far finta di non vedere. Tranne naturalmente quando si tratta di far pagare le tasse sulla casa. Quelle sì. In Grecia per non sbagliare le paghi con la bolletta della luce e del gas. E se non paghi, naturalmente ti tagliano sia  la luce che il gas. Poco male, perché molti greci questo inverno per risparmiare hanno deciso di non accendere il riscaldamento e di usare il camino o la stufa, andando a rubare la legna in campagna. E se manca anche l'elettricità non è poi un dramma, anzi: farne a meno vuol dire rinunciare alla televisione dove da qualche mese a questa parte trasmettono serial comprati a basso prezzo in Turchia. Sono in lingua originale, sottotitolati in greco. Che umiliazione. di Carlo Nicolato

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