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Lega in piazza, Bossi: Monti infame fuori dai c.

Carroccio a Milano contro il governo. Senatùr sul palco con Maroni (acclamato): "Berlusconi scegli, o noi o il sostegno ai tecnici"

Giulio Bucchi
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Lega unita in piazza Duomo, almeno ufficialmente. Nel giorno della contestazione al governo Monti, il Carroccio sfila a Milano con tutti i suoi papaveri, anche quelli trombati. Sul palco parla il leader Umberto Bossi, che ne ha per il premier, per Silvio Berlusconi, per il governatore della Lombardia Roberto Formigoni. Accanto a lui, il "delfino-nemico" Roberto Maroni, l'uomo che ha voluto ed ottenuto in settimana la testa del capogruppo alla Camera, Marco Reguzzoni. E sul palco Bossi ha voluto lo stesso Reguzzoni, per una stretta di mano con Bobo più coreografica che sentita dai due protagonisti. Segno che più che di pace, si deve forse parlare di tregua armata prima della resa dei conti. "Lega unita" - Prima di salire sul palco insieme a Maroni, il Senatùr ha preso un caffè con i figli in un bar di piazza Castello e coi cronisti ha speso poche parole: "La Lega non è mai stata divisa, eravate voi che lo speravate, ma sapevo che non sarebbe successo niente". E sui 70mila annunciati dai promotori: "E' stato facile riunirne tanti". Forse anche per il bel sole su Piazza Duomo: "Anche il Padreterno ha guardato giù... - ha scherzato Bossi - la Lega bisogna salvarla". Messaggio a Berlusconi - Salito sul palco, il primo passaggio politicamente rilevante è stata la critica al governo Monti, definito più volte "infame". E a Berlusconi, che qualche leghista dalla piazza ha fischiato, prima regala lo zuccherino: "Non crederete mica che stia con il Pd per fare la legge elettorale e fregare la Lega...". Poi però avverte il Cav: "Devi decidere se stare con noi o con questo governo infame. Monti deve andare vuori dai coglioni!". E ancora: "Tanto alle elezioni si va, o perché cade il governo o alle amministrative. E a Formigoni dico attento! Alla Regione ne stanno arrestando uno al giorno, i soldi della Lombardia sono quelli dei leghisti...". Pace e fischi - Dopo un passaggio su monsignor Angelo Scola, arcivescovo di Milano "amico della Lega e della Padania", qualche coro su Padania libera e Roma ladrona (anzi, "Fanculo", come precisa Bossi), il Senatùr chiama sul palco Rosi Mauro (fischiata), Bobo Maroni (acclamatissimo) e Marco Reguzzoni, i litiganti: "Fratelli, diamoci la mano". Un invito all'unità che non ha convinto tutti, a cominciare dallo stesso Reguzzoni, freddissimo, e parte dei leghisti in piazza. E l'ex capogruppo, sul caso della sua sostituzione, si è limitato a dire: "E' la dimostrazione che noi leghisti non siamo legati alle poltrone". Più gelido Maroni, che ai microfoni di La7, con il giornalista che gli chiede se con Reguzzoni sia vera pace, è sibillino: "Io lo spero, ma è dura". Parla Bobo - Maroniani e cerchisti insieme, dunque, anche se Bossi a parte flash e microfoni sono stati tutti per Maroni. "Con Umberto è tutto a posto. Siamo un partito vivo e vivace. Mercoledì a Varese ho visto grande passione, a me piace la Lega delle passioni, del tutti uniti", ha commentato l'ex ministro stemperando le tensioni prima del comizio. Su Dozzo, nuovo capogruppo voluto fortemente dallo stesso Maroni, Bobo taglia corto: "Sono soddisfatto, ma l'ho già detto, è un militante di lunga data, un ottimo politico. Siamo amici da tempo e farà bene". L'altra ala - E i cerchisti? Il cane sciolto Mario Borghezio, foulard verde al collo e ascia celtica in mano, non entra nel merito ma sfotte chi in aula ha votato contro l'arresto del deputato Pdl Cosentino: "In tutte le famiglie ci sono dei rimbambiti. Da noi sono pochissimi ma sono convinto che erano in buona fede". E' l'unica nota polemica, perché Calderoli preferisce tornare allo spirito della giornata, la contestazione a Monti dipinto nei cartelli dei leghisti come un Fantozzi o come Schettino, il comandante della "manovra sbagliata". "Siamo qui per mandare a casa il governo Monti - incalza l'ex ministro, sottolineando gli errori su pensioni e casa -. Mi auguro che per le Idi di Marzo qualcuno dia la famosa coltellata al governo e finalmente la parola torni al popolo".    

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