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Intesa tra Bossi e Berlusconi per silurare Bobo Maroni

Senatùr vuole che il Cav stacchi la spina a Monti: al voto e far fuori i maroniani. Ma Silvio non è pronto per le urne

Lucia Esposito
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Ieri Umberto Bossi ha insultato il Cavalliere : è una mezza cartuccia, ha paura di far cadere il governo. Un'affermazione che denota una debolezza del Senatùr che ha urgente bisogno di portare a casa un risultato: andare al voto anticipato per far fuori i maroniani. Silvio Berlusconi dal suo canto, non ha nessuna intenzione di staccare la spina a Monti, non adesso, per la ragione opposta: il Pdl non è pronto per le elezioni anticipate. Leggi il retroscena di Matteo Pandini Umberto Bossi è un attore consumato. Attacca Silvio Berlusconi, gli dà della «mezza cartuccia», insiste a minacciare la giunta lombarda di Formigoni se il Pdl non staccherà la spina a Monti. Parrebbe che tra Lega e Pdl sia davvero finita, ma basta ricordare la cena di lunedì tra il capo padano e il Cavaliere in via Rovani, a Milano, per sospettare che così non è. Il Senatur cerca di prosciugare i serbatoi elettorali del Pdl (e, sondaggi alla mano, ci sta riuscendo) e manda messaggi bellicosi che scaldano una base delusa dai litigi interni. La verità, però, è che dietro le quinte sta brigando con l'ex premier per capire quando - e come - sfiduciare il professore bocconiano e correre alle urne. Guarda su Libero Tv il commento del vicedirettore Pietro Senaldi: perché Silvio sostiene Monti È ovvio che la palla è nel campo degli azzurri, visto che a differenza dei lumbard sostengono l'esecutivo. Berlusconi sta prendendo tempo, anche buttando un occhio al destino delle sue aziende (vedi la partita delle frequenze televisive). Negli ambienti del centrodestra si sussurra che l'obiettivo sia votare in primavera. Da via Bellerio, però, nessuno fa pronostici sui tempi perché c'è tanta carne al fuoco. In cima alle priorità di Bossi e Berlusconi c'è anche la legge elettorale. Il Carroccio punta a disinnescare un patto Pdl-Pd che potrebbe sfavorirlo. In attesa del momento giusto per affondare Monti, Bossi recita da oppositore duro e puro mentre il Cavaliere è costretto a difendere un esecutivo che non piace né a lui né ai suoi elettori. Detto questo, le parole hanno un peso. E le uscite bossiane sulla giunta Formigoni stanno creando fibrillazione nel centrodestra del Nord. Non solo a Milano, ma anche in Piemonte e Veneto dove il governatore è leghista e il Pdl sta già minacciando ritorsioni in caso di ribaltoni al Pirellone. Con tutta probabilità è fatica sprecata: alcuni dirigenti leghisti hanno già rassicurato Formigoni, spiegandogli che prima del 2013 (scadenza naturale della legislatura a Roma) può stare tranquillo. Tutto potrebbe cambiare in caso di voto anticipato, ma proprio il presidente lombardo potrebbe sfruttare l'occasione per ritagliarsi un ruolo di primo piano nella Capitale, liberando la sua attuale poltrona. In questo quadro non va dimenticata la situazione interna alla Lega. Entro 90 giorni, ha stabilito il consiglio federale di domenica scorsa, vanno celebrati tutti i congressi provinciali per scegliere i delegati, che poi rinnoveranno i vertici del movimento in Piemone, Lombardia e Veneto. L'operazione dovrebbe concludersi entro giugno, ma è evidente che la campagna elettorale bloccherebbe il progetto rimandandolo alle calende greche, con la possibilità che - in caso di Porcellum ancora in vigore - i maroniani vengano tagliati fuori dalle liste. In Transatlantico gira anche una voce maliziosa, secondo cui Bossi vorrebbe spedire l'ex ministro dell'Interno al posto di Formigoni per levarselo dai piedi. Ma con queste condizioni Maroni non ci penserebbe nemmeno. A proposito di equilibri interni. Ieri Giampaolo Dozzo è stato votato per alzata di mano (e all'unanimità) nuovo capogruppo al posto del cerchista Marco Reguzzoni. Il Senatur ha spiegato che l'aveva deciso nell'ultima segreteria politica, in accordo con Maroni. Ma tra Umberto e Bobo c'è ancora freddezza. di Matteo Pandini twitter @padanians

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