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Rutelli inguaiato: non poteva non sapere

Il leader dell'Api non sapeva nulla? Eppure aveva la firma sul conto di Lusi. Il Pdl chiede chiarezza. Lo attaccano anche da sinistra

Andrea Tempestini
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«Incazzato» lo è sicuramente. Di quella vitalità che spinse Romano Prodi a definirlo “nu bello guaglione”, ieri mattina, quando passeggiava per la buvette del Senato, grigio anche nel look, non era rimasta nemmeno l'ombra. Triste lo avevano già visto al funerale di Giorgio Spadaccia, radicale, al quale aveva partecipato alcuni giorni prima che esplodesse pubblicamente il caso dei rimborsi elettorali della Margherita. Francesco Rutelli, ex sindaco di Roma, ex candidato premier, ex ministro, è sotto botta. Co-intestatario del conto miliardario dove erano depositati i soldi della Margherita, il leader di Api sa che l'espulsione di Luigi Lusi dal gruppo del Pd non sarà sufficiente per fermare le indagini e le polemiche. L'ex “piacione” dice a tutti di essere stato all'oscuro dei movimenti sul conto, che bisogna recuperare il «maltolto», e, per dimostrare la sua estraneità, si è costituito parte civile - in quanto “leso” - al processo contro il suo ex tesoriere e fidato collaboratore. Eppure nessuno, nemmeno tra i deputati e senatori di Alleanza per l'Italia sembra disposto a difenderlo a spada tratta, in chiaro. Nemmeno un comunicato di solidarietà - nonostante il profluvio quotidiano - dei senatori di cui è presidente al Senato, dove è capo del gruppo Api-Fli, che comprende anche i finiani. L'ex sindaco-prodigio di Roma sa bene, da politico di lungo corso, che quella frase sibillina “pagherò io per tutti” di Lusi, lascia aperti molti interrogativi. Linda Lanzillotta, ex ministro e deputata Api,  l'altroieri era arrabbiatissima: «Lascia intendere che sa ma non parla, che è pronto a pagare per altri come il compagno G». Chi sono quei “tutti”? Tra gli ex della Margherita, ormai sparsi per mezzo Parlamento, (c'era anche Lamberto Dini, ora Pdl), è in corso uno psicodramma. Psicodramma potenziato dalle ruggini che hanno attraversato la storia del movimento, che ha avuto vita breve, ma che, evidentemente, è servito a fruttare belle cifre. Se non si fosse mossa la Banca d'Italia, forse, si sarebbe arrivati comunque ad una inchiesta: gli ex margheritini Enzo Carra e Renzo Lusetti già avevano pronto un esposto. L'ex candidato premier del centrosinistra non ha potuto godere su un trattamento particolarmente affettuoso degli ex compagni del Pd: prima hanno espulso il senatore Lusi dal gruppo, poi, con Enrico Letta, hanno chiesto a ciò che resta della Margherita di affrontare «ad horas» la questione e fornire i necessari chiarimenti. Addirittura il tesoriere Antonio Misiani rivendica la “ superiorità morale” del bilancio democratico: «Margherita e Pd sono soggetti del tutto distinti, politicamente, giuridicamente ed economicamente. Il Pd, perciò, non aveva e non ha alcun titolo per fare controlli sul bilancio della Margherita, il cui presidente Francesco Rutelli è peraltro il leader di un'altra formazione», chiarisce. Il caso-Lusi rischia di far precipitare nuovamente i rapporti - già tesi - dentro ai democratici. Ettore Rosato, responsabile della campagna per le primarie di Dario Franceschini, si è trovato costretto a smentire che l'attuale capogruppo alla Camera abbia ottenuto dalla Margherita 4 milioni per la corsa alla leadership del Pd, come l'ex tesoriere disse a Arturo Parisi. «La campagna costò 249.000 euro», ha chiarito.  Cioè mille euro sotto la cifra massima consentita.  Il Pdl non sta a guardare. Dice Antonio Leone, vicepresidente della Camera: «Sulla colossale ruberia del senatore Lusi, l'ex presidente della scomparsa Margherita, Francesco Rutelli, anzichè indignarsi e basta farebbe bene a spiegare come abbia potuto il suo “stimato” tesoriere sottrarre 13 milioni di euro in perfetta solitudine, senza che nessuno se ne accorgesse, Rutelli in prima persona». Addirittura Beppe Grillo ne ha fatto una storiella: «Rutelli, ne sono sicuro, non c'entra niente. Guardatelo, ma vi sembra che sia in grado di controllare un conto corrente in cui aveva la delega a operare? Impossibile. È una vecchia giovane marmotta pagata con soldi pubblici in Parlamento e al Comune di Roma dal 1983». di Paolo Emilio Russo

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