Da Monti parole di destra Art.18, si cambia a marzo

Giulio Bucchi

Mario Monti accelera e taglia i tempi. L'obiettivo è mettere mano il prima possibile a mercato del lavoro e articolo 18. "Avere la sfida del cambiamento di lavoro nel corso della propria vita - ha spiegato il premier su RepubblicaTv - è una cosa positiva, è una cosa che stimola, per arrivare a dare un lavoro ai giovani bisogna tutelare un po' meno chi è già molto tutelato, quasi blindato nella cittadella, mentre c'è chi si trova quasi in una situazione di schiavitù, in una forma estrema di precariato". Quindi il prof getta la maschera e detta i tempi. L'intenzione è quella di correre il più possibile, anche sull'articolo 18, che così come viene applicato oggi "scoraggia gli investimenti" e di conseguenza "crescita e occupazione". "Stiamo vedendo al tavolo sulla riforma del lavoro come si può contemperare la garanzia del rispetto di certi diritti del singolo lavoratore con forme che non scoraggino le imprese dall'assumere maggiormente e dobbiamo anche compararci con il piano internazionale". Quindi per "fine marzo" Monti fissa "il termine che il governo si è dato per il varo della riforma". Parole decise e che, almeno nelle intenzioni, lasciano intendere di voler mettere profondamente mano allo stagnante mercato del lavoro italiano. Un discorso da uomo di destra, quello del premier Monti. Mobilità e cambiamento - Monti poi torna sulla sua battuta che aveva messo nel mirino sempre l'articolo 18, quella sul posto fisso che è "noioso". Uno scivolone da qualunque punto lo si guardasse. Gli italiani, ha spiegato il prof, non hanno capito la battuta forse perché "hanno troppa paura del cambiamento". La spiegazione data dal premier con il vizietto del motto di spirito rischia piuttosto di essere un nuovo scivolone. Soprattutto perché intorno a lui tutto continua a traballare (tranne il suo, di posto fisso: quello di senatore a vita). "Una frase come quella, presa fuori dal contesto, può prestarsi a un equivoco", ha aggiunto Monti a proposito della "monotonia del posto fisso". "Se intendiamo per 'fisso' un posto che ha una stabilità e tutele, certo è un valore positivo". Il punto, sottolinea, è che i giovani devono abituarsi all’idea di non avere un posto fisso per tutta la vita, come capitava alla mia generazione o a quelle precedenti, un posto stabile presso un unico datore di lavoro o con la stessa sede per tutta la vita o quasi". Meglio dunque "abituarsi a cambiare spesso luogo o tipo di lavoro e Paese. Questo - continua Monti - non è da guardare con spavento, come una cosa negativa. Gli italiani e i giovani hanno in genere troppa diffidenza verso la mobilità e il cambiamento". Più tutele - Oltre alle bacchettate, il prof, riserva anche qualche zuccherino alle nuove generazioni. "Per arrivare a dare un lavoro ai giovani bisogna tutelare un po' meno chi è già molto tutelato, quasi blindato nella cittadella, mentre c'è chi si trova quasi in una situazione di schiavitù, in una forma estrema di precariato", ha continuato davanti alle telecamere di RepubblicaTv. "Creare lavoro per i giovani è l'obiettivo centrale di tutta la politica economica e sociale del governo, se ci si riesce e ci vorrà del tempo, ma questo non significa che i giovani debbano e possano avere quel lavoro per tuttta la loro esistenza, il cambiamento è da guardare positivamente e non negativamente".