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Caso Lusi, Parisi va dai Pm e tira in ballo Ciccio Rutelli

L'ex esponente della Margherita: "Non votai il bilancio: c'erano voci opache". Venne costituito un gruppo di analisi con il leader dell'Api

Nicoletta Orlandi Posti
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La Procura di Roma vuole vederci chiaro su quelle «voci opache nel bilancio della Margherita» denunciate nei giorni scorsi da Arturo Parisi. Per questo ieri mattina l'esponente del Pd è stato ascoltato negli uffici di piazzale Clodio dai magistrati che indagano sullo scandalo dell'ex tesoriere Luigi Lusi, accusato di appropriazione indebita ai danni del partito di Francesco Rutelli per aver intascato 13 milioni di euro utilizzati per acquistare immobili di pregio e per le sue spese personali. Un'audizione durata un paio d'ore in cui Parisi, sentito dal procuratore aggiunto Alberto Caperna e dal sostituto Stefano Pesci in qualità di persona informata sui fatti, ha chiarito le dichiarazioni che aveva fatto in merito ad alcune voci dei rendiconti del partito, riguardanti il periodo 2009-2010, che non lo avevano convinto. Parisi, infatti, sostiene che nel corso dell'assemblea della Margherita del 2011 aveva chiesto espressamente «un approfondimento del bilancio perché c'erano voci opache. Non votai il bilancio preventivo», ha spiegato il democratico, «e l'assemblea fu sospesa finché non si decise la formazione di un organismo che approfondisse successivamente. Ma questo organismo», ha puntualizzato Parisi, «non si è mai riunito». L'ex Margherita ha poi aggiunto che «Franco Marini propose di costruire un gruppo di analisi che si sarebbe riunito dopo la votazione dell'assemblea. Dell'organismo inizialmente avrebbero dovuto far parte pochi membri, Rutelli, Bocci, Bianco e Lusi, ma successivamente fu allargato ad altri, tra cui credo di ricordare Rosy Bindi, Dario Franceschini, Enrico Letta, Beppe Fioroni. Ma l'unica volta che venne convocato, nel novembre del 2011, andò quasi deserto per cui io mi dimisi in polemica». Dichiarazioni che l'esponente del Pd ha confermato ieri di fronte ai pm capitolini, i quali da lunedì riprenderanno ad ascoltare altri parlamentari del partito di Rutelli in qualità di testimoni. Tra questi sono attese le audizioni di Renzo Lusetti, Enzo Carra e degli altri politici che hanno firmato il ricorso, presentato il 15 luglio scorso presso il tribunale civile di Roma, con il quale il gruppo di ex appartenenti alla formazione “Democrazia è libertà” hanno impugnato la validità dei rendiconti della Margherita riguardanti il periodo finito sotto la lente dei magistrati, ovvero il 2009-2010. Ricorso che portò Lusi, che in quanto rappresentante legale del partito agì a nome della Margherita, a depositare una memoria in cui certificava che i conti erano regolari. Un atto che potrebbe diventare ora la prova di un falso, qualora le indagini della Guardia di Finanza sui depositi bancari dell'ex tesoriere e sul bilancio del partito di Rutelli accertino anomalie nella gestione dei fondi.   E mentre i finanzieri hanno allargato le indagini ai conti dal 2008 al 2011, il leader dell'Api non solo si è anche costituito parte offesa nella vicenda, ma vuole chiedere il carcere per l'ex tesoriere di cui tanto si fidava. Per Lusi, dunque, nessun patteggiamento con i pm, i quali hanno già respinto la sua proposta di restituire 5 dei 13 milioni di euro, e nessun accordo con il suo ex partito. «La fideiussione proposta è inadeguata. Non c'è alcun termine per un accordo», ha detto l'avvocato di Rutelli, Titta Madia. «Se non arriverà una seria garanzia, chiederemo all'ufficio del pm di richiedere adeguati provvedimenti cautelari». E la Procura potrebbe così procedere al sequestro cautelativo dei beni di Lusi. di Rita Cavallaro

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