E la banca di Fassino ora finisce sul conto del Cav

Giulio Bucchi

Non è bastato per convincere il gup di Milano Maria Grazia Domanico a non rinviarlo a giudizio, ma Silvio Berlusconi ha ripetuto che lui, quella intercettazione, non l'ha mai ascoltata. Quell'intercettazione è dell'estate 2005, tra l'allora segretario dei Ds Piero Fassino e il potentissimo presidente Unipol Giovanni Consorte, quella del "Abbiamo una banca" detto da Fassino con piena soddisfazione reciproca. Era in atto la scalata Bnl, in un'estate caldissima di intrecci tra salotti, finanza, politica. Quella telefonata fu pubblica qualche mese dopo dal Giornale, edito dal fratello del Cav, Paolo. Che per il caso Unipol, proprio per quella pubblicazione, è stato rinviato a giudizio. Silvio si era salvato, perché non ricopre nessuna carica ufficiale in via Negri. "Quella telefonata non l'ho ascoltata, altrimenti me lo ricorderei", ha ribadito oggi davanti alla Domanico. Inutile: per il Cav si apre così un nuovo fronte giudiziario, il quarto. Nessun imputato a sinistra - Nessun fronte giudiziario, invece, per altri politici a parte l'europarlamentere Udc Vito Bonsignore, condannato. Nessuno, a sinistra, è stato mai imputato né per la prima branca dell'inchiesta, quella sulla scalata vera e propria di Unipol a Bnl (alla sbarra ci finirono soltanto Consorte, il vicepresidente Ivano Consorte, altri sostenitori dell'Opa), né naturalmente per la seconda, che concerne la pubblicazione di quella telefonata. In realtà qualcuno aveva chiesto di fare luce sulle posizioni di Piero Fassino e Massimo D'Alema, i vertici dei Democratici di sinistra. Fu la pm Clementina Forleo, nel 2007, ad avanzare la richiesta e su di lei si scatenò il fuoco di fila progressista. La situazione divenne tanto calda da indurre i vertici della magistratura a spostare la Forleo a Cremona, procura decisamente meno bollente.