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Letta umiliato da Mario Monti Lasciato 2 ore in anticamera

Il re della diplomazia berlusconiana non ricevuto dal premier a Palazzo Chigi: era in andato in pressing per Roma2020

Giulio Bucchi
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Gianni Letta lo sapeva già da qualche giorno. Sapeva che la candidatura di Roma 2020 non sarebbe mai andata in porto da quando, la scorsa settimana, il premier Mario Monti gli ha negato più volte un incontro a Palazzo Chigi. Un'attesa durata 2 ore, riferisce Dagospia, dalle 13 alle 15.15, seduto nell'anticamera del ministro Catricalà proprio davanti allo studio che fino a novembre era stato suo. Con Letta c'erano il sindaco di Roma Gianni Alemanno e due pezzi da 90 dello sport italiano, l'ex presidente Coni Pescante e l'attuale, Gianni Petrucci. Un'umiliazione. Segno che per il grande ambasciatore berlusconiano, l'eminenza grigia del centrodestra apprezzata e benvoluta anche a sinistra, amico di tutti i potenti, vezzeggiato e riverito, forse era arrivata l'ora della resa. Tutto finito - Era stato lui a mettere insieme, riunire, organizzare il comitato promotore dei Giochi romani, un Olimpo di divinità profane tra sport, politica, alta finanza e salotti buonissimi. Basta leggere l'elenco di chi si è impegnato in prima persona per sostenere l'Olimpiade sotto il Colosseo: da Mario Pescante (ex Coni) a Franco Carraro (Figc era Calciopoli), da Luigi Abete (Figc attuale) a Luca Cordero di Montezemolo, dal presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis ai patron di Fiorentina e Juventus Diego Della Valle e John Elkann, dal superbanchiere Cesare Geronzi all'imprenditore core de Roma Giovanni Malagò, giù giù fino alla signora Confindustria Emma Marcegaglia. E poi c'è la Commissione di compatibilità economica, quella elogiata ieri da Mario Monti, in cui ha trovato posto anche Giulio Napolitano, figlio del presidente della Repubblica Giorgio. Nomina non da poco, caldeggiata proprio da Gianni Letta. Questo perché il gran visir della diplomazia berlusconiana sapeva bene che occorreva blindare gli ornanismi, garantendo ogni supporto possibile. Politico, economico, d'immagine. E' proprio questa strategia, questa ragnatela che è uscita spezzata dal no del governo tecnico. Prima le porte chiuse a Palazzo Chigi, per respingere l'ultimo disperato tentativo di pressing per far cambiare idea al professore, quindi il no secco, anche se garbato, in conferenza stampa. Forse la delusione più cocente per chi, come Letta, ha tessuto le fila di 20 anni di successi e strette di mano.  

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